«Nel mondo girano sempre il gatto e la volpe. Questa volta, purtroppo, Pinocchio ha voluto fermarsi a Expo, ma la macchina non si fermerà». Cesare Vaciago, direttore generale del Padiglione Italia, già city manager a Torino, risponde così a chi gli chiede quale sarà il futuro della più grande manifestazione internazionale a due passi dal Piemonte. E pronuncia queste parole a Novara, la città dirimpettaia di Rho Fiera, dove è arrivata la magistratura. Intermeeting dei Lions a Novarello, attesa e curiosità dopo gli ultimi avvenimenti che hanno scosso il cantiere di Expo. Ma soprattutto tanto interesse per conoscere quali saranno le ricadute sul territorio.
Vaciago è esplicito: «Il Padiglione vuole essere una passeggiata fra le potenze italiane. La prima è la potenza del saper fare, la seconda quella della bellezza. Poi la potenza del limite, cioè il saper creare con risorse limitate, come dire la potenza della vigna di montagna».
Che cosa ci sarà nel Padiglione Italia? «Noi offriamo spazi espositivia tutte le regioni, ma ci saranno grandi possibilità sui territori di confine. Io dico sempre che il turismo italiano è distrutto dal cosiddetto ‘’triangolo della morte’’ (Fiumicino-Firenze-Venezia) nel senso che i turisti arrivano, approdano a questi tre aeroporti e non vedono tutto il resto. Invece i territori devono lavorare sulla reputazione, perché Expo sarà tutta una questione di ‘’reputation’’. Prendiamo la Romagna: sa farsi valere. Il Lago Maggiore invece picchia ancora poco sul turismo di massa. Su cinque milioni di turisti che presumibilmente si fermeranno in Italia, il Piemonte orientale (in particolare Novara e Lago Maggiore) può catturarne almeno centomila».
E l’agroalimentare? Sarà il focus, considerato il tema di Expo, «Nutrire il pianeta, energia per la vita». Un evento che potrà generare circa 200 mila posti di lavoro, un punto in più di Pil e forse due se il visitatore deciderà di fermarsi un giorno in più.
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