di Enrico Villa
L’agricoltura del nostro Paese adopera 320 fitofarmaci, un po’ al di sopra delle righe chiamati pesticidi dall’omologo sostantivo inglese, che comunque evoca principi attivi da utilizzare con molta cautela. E’ anche stato fatto un calcolo riportato nell’ultimo rapporto ufficiale del 2013 dell’Ispra andato al ministero della Salute e al ministero delle Politiche agricole. In dodici mesi, per difendersi dai parassiti e dalle infestanti che danneggiano sensibilmente i raccolti, gli agricoltori della penisola hanno utilizzato 143.904 tonnellate di principi attivi, o di miscele.
Ma in una recente inchiesta, i cui dati ripresi dai rapporti indirizzati ai ministeri, Coldiretti e Confagricoltura, hanno rassicurato i consumatori. I residui di fitofarmaci che rimangono sulle derrate agricole di base finite nella distribuzione, in gran parte possono essere definite impercettibili, o quasi. Lo dimostrerebbe la vigilanza rigida delle istituzioni preposte ai diversi livelli territoriali che, in sostanza, darebbero all’Italia il primato della sicurezza contro le sostanze velenose, fra le quali molti pesticidi.
Tuttavia, gli ambientalisti più radicali e diverse compagini politiche mettono sotto processo i fitofarmaci agricoli, richiamando circostanze internazionali con il coinvolgimento di contadini e intere popolazioni, o asserite morie di insetti pronubi, cioè utili all’ambiente e all’agricoltura. A causa di prodotti velenosi impiegati nelle coltivazioni, gli ultimi episodi al limite della tragedia sono accaduti in India e in Sud America. Si è poi insistito sull’azione negativa dei pesticidi sulle api e su altri insetti la cui riproduzione è stata stroncata, tanto che a Vercelli e in risaia, accanto a molti altri movimenti è recentemente nata una compagine di ambientalisti radicali con questo nome: meno veleni e più api. I proponenti, forse prescindendo del tutto dalla letteratura scientifica e dai provvedimenti istituzionali con rigide regole, si sono richiamati ai presunti effetti non provati dei pesticidi adoperati per le produzioni agricole. Infatti, taluni pesticidi e fitofarmaci, oltre a provocare neoplasie asseverate dalla scienza medica e dalla ricerca, provocherebbero nei bambini delle aree agricole, insufficienza nella crescita fisica e psicologico-intellettuale, autismo, dislessia. Fino ad ora, le ricerche degli specialisti e le varie inchieste a tappeto delle ASL e di altre istituzioni non hanno dato conferma.
L’attenzione sulla problematica rappresentata dai pesticidi, o anche fitofarmaci più innocui, si è accentuata il primo dicembre. Quel giorno, su proposta degli assessori all’ambiente Alberto Valmaggia, già sindaco di Cuneo, e dell’agricoltura Giorgio Ferrero, (ex presidente della Coldiretti piemontese) la giunta della Regione Piemonte ha promulgato il codice per l’uso dei fitofarmaci, ovviamente valido in tutto il territorio regionale. L’assessore Valmaggia ha così commentato: “Un provvedimento per ridurre l’impatto sull’ambiente, tutelando le risorse idriche regionali e stabilendo quantità e margini di utilizzo dei prodotti chimici, nel rispetto dell’ecosistema”. E’ il caso di ricordare che l’Ispra, con la collaborazione delle sue articolazioni territoriali, controlla in continuazione sia acque superficiali che sotterranee, con l’individuazione in percentuali superiori alla norma di atrazina, un erbicida messo fuori legge perché ritenuto cancerogeno, o di altri prodotti come il bentazone o l’oxadiazon che, secondo le schede in inglese reperibili su Internet non godono di buona stampa. I principi attivi sospetti, dalla coltivazione passano all’acqua diventando un pericolo nella catena alimentare. E’ anche il caso di ricordare che il codice regionale, come del resto quello europeo promulgato nel 2000 e quello nazionale pubblicato nel gennaio del 2006, insistono sulla necessità di ricorrere a tecniche agronomiche apparentemente giudicate superate, oppure alla meccanizzazione tecnologica avanzata per risparmiare nei pesticidi che, oltre che inquinanti, sono in genere assai costosi se si eccede nel loro uso. Anche i piani di sviluppo rurale, che con la nuova Pac dovrebbero entrare in vigore nel 2015, prevedono bandi perché le aziende passino il più possibile dai pesticidi ad altre tecniche agronomiche basate su procedure tradizionali o sulla meccanica.
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