Continua la marcia dei trattori, organizzata da gruppi di base, che puntano a ottenere certezze, meno vincoli, soprattutto più agevolazioni e tagli meno draconiani in agricoltura. C’è chi ha definito il movimento “agropopulista” prendendo le distanze dai metodi scelti, pur condividendone alcuni principi che prendono le mosse dalla Pac (Politica agricola comune) e “Green Deal” (la transizione verde). Per l’una e per l’altra il mondo agricolo chiede una revisione, che non imponga lacci e burocrazia asfissiante. Gli slogan scritti sui cartelli appesi sui frontali dei trattori (circa duecento), raccontano del disagio: “No farmers no food”, “Giù le mani dalla nostra terra”, “produciamo sano e italiano”, “Se l’agricoltura muore muori anche tu”. In Piemonte i trattori hanno attraversato la risaia: dal Vercellese e dal Novarese per riunirsi poi (circa 200) a Novara, davanti allo stadio Piola.
Un “flash mob” di mezzi colorati, clacson, bandiere italiane, prima di ripartire per un altro appuntamento davanti all’outlet di Vicolungo. Una protesta rumorosa, ma pacifica. Lisa Magni, giovane imprenditrice di Vicolungo, sintetizza i motivi delle rivendicazioni: “Prima di tutto la tutela del nostro Made in Italy, non vogliamo importazione di carne sintetica, di prodotti che non arrivano dal nostro Paese senza le nostre stesse tutele. Noi abbiamo regimi molto ristretti di coltivazione e purtroppo i nostri prodotti sono discriminati a fronte di altri che provenienti dall’estero senza utilizzare gli stessi parametri. Un altro punto riguarda il diritto di coltivare, perché questa nuova Pac ci impone di non coltivare il 4 per cento della nostra superficie: un danno enorme, non solo sotto il profilo della tutela del paesaggio. Ne può derivare anche un danno strutturale, con le conseguenze di alluvioni ecc. E poi, qui nel Novarese, stanno continuando a costruire aree industriali. Io dico: ma perché non utilizzare aree dismesse da industrie, ci sono capannoni fatiscenti che non servono più. Perché non utilizzare prima quelle superfici. Invece i campi servono, lasciate stare la nostra terra, altrimenti fra qualche anno non ci saranno più terreni produttivi. Poi che cosa ci mangiamo? L’asfalto? Noi siamo i produttori, il settore primario, purtroppo contiamo meno di zero. Io sono giovane e lo dico per i miei colleghi come me, non chiediamo niente di straordinario, lasciateci solo lavorare. Ma perché tutta questa burocrazia? Vogliamo produrre cibo sano italiano. Basta stare in ufficio, non è il nostro compito”.
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