di Gianfranco Quaglia
Quale tipo di legame esiste tra Leonardo Sciascia, l’autore di «Il giorno della civetta» «A ciascuno il suo», «Il mare color del vino», tante altre opere, e il Piemonte? Tra lo scrittore di Racalmuto (Agrigento) c’è un filo rosso che unisce Sicilia e la terra subalpina attraverso la cultura contadina. Due mondi all’opposto, in realtà accomunati dall’atavica fatica dei campi che porta con sé il valore della memoria, il senso delle cose semplici e concrete. Ci voleva un siciliano ormai naturalizzato piemontese, Salvatore Vullo, per scoprire e affermare i segni di questo legame. Con un libro dal titolo «Di terra e di cibo, fra le pagine di Leonardo Sciascia», Vullo (nato a Marianopoli, in provincia di Caltanissetta, emigrato a Torino) ripercorre attraverso gli scritti di Sciascia il rapporto dello scrittore con il mondo contadino e il cibo. Nella riproposizione di pagine di grande letteratura, il libro di Vullo riannoda i legami del grande scrittore siciliano con la civiltà dei campi, i suoi riti, i suoi tempi, la cucina e le relazioni, come sottolinea nella prefazione Carlin Petrini presidente di Slow Food.
Un aspetto forse poco conosciuto e neppure tanto considerato dai critici e dagli estimatori di Leonardo Sciascia. Ma il lavoro di Vullo, esperto di politiche di valorizzazione all’assessorato all’agricoltura della Regione Piemonte, ha il pregio di recuperare quel rapporto che ci fotografa una Sicilia arcaica, dura ma al tempo stesso ricca di pregi enogastronomici. Sciascia, che aveva cominciato la sua attività lavorativa come impiegato di un consorzio agrario, la conosceva bene, ne respirava i profumi, i gusti, i pregiudizi, le paure e anche le crudeltà. La miseria, in una parola, che trovava riscatto soltanto con il cibo, momento magico e gratificante. Come il giorno di Natale, quando si faceva festa con il riso, il brodo e il cappone.
Come non trovare analogie con il lontano e antico Piemonte? Salvatore Vullo, riferimento prezioso nel panorama dell’agricoltura regionale e non solo, è un estimatore di Sciascia, che ha avuto la fortuna di conoscere e coglie ogni attimo per tramandarne il pensiero, anche nell’organizzazione e nelle attività dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia. Come quella volta al Vinitaly, nel ventennale della morte.
Il libro contiene anche una serie di ricette siciliane, anzi sciasciane, come le chiama Vullo: dal biancomangiare alla caponata di Leonardo, dalla pasta con le sarde ai cardi selvatici fritti. Un inno al sole e ai sapori di Sicilia, nel grigiore autunnale del Piemonte.
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