La pesca nel Lago Maggiore costituisce una delle principali fonti di cattura di pesci commestibili da parte di professionisti o dilettanti di tutto l’arco alpino. Anche se il numero dei professionisti è calato notevolmente e in tutto il Verbano si racchiudono in una dozzina di cooperative. Sono scomparsi i singoli pescatori o le conduzioni di attività famigliari. Il pescato continua ad essere appetito da parte delle pescherie di Piemonte e Lombardia. Una minima parte oltrepassa questi confini, forse per una scarsa informazione, pubblicizzazione e commercializzazione di un prodotto a chilometro zero che è molto competitivo rispetto a quello di mare sia per qualità che per pregio. Come quantità ci sarebbe la possibilità di esportarne in tutt’Italia.
I dati sul «bottino» di professionisti e dilettanti
In attesa della stagione della trota, l’analisi delle cifre rivela che il 2007 è stato un anno da primato per gli amatori (+28% nel totale delle catture) .
Un anno d’oro per la pesca lacustre, avendo raggiunto quasi i 2.300 chilogrammi, di cui oltre la metà catturati dai professionisti. Tuttavia, secondo i dati statistici di Mauro Ambrosini, l’exploit, almeno nella prima giornata del 20 dicembre, fu ancor più significativo, considerando che il pescato di 26 imbarcazioni ha fruttato 190 trote per complessivi 120 chili, ovvero una media di 600 grammi per pesce (nel 2005, lo stesso giorno, 22 barche e 150 lacustri per un totale di 105 kg).
Professionisti, leggero calo
A proposito di pesca professionale, l’anno scorso – dopo il sensibile miglioramento registrato negli anni precedenti – si è avuta una leggera flessione: meno 15% con 43,7 tonnellate, e una fluttuazione che comunque rientra nella media pluriennale del periodo di osservazione. Le specie principali, secondo l’Ufficio caccia e pesca, sono agone, pesce bianco, coregone e pesce persico. L’agone rimane la maggiore componente del pescato con 21,1 tonnellate ed è l’unico a denotare un aumento consistente (+5%). Tutte le altre specie registrano diminuzioni più o meno significative. Il calo maggiore riguarda il coregone (–7,3 t, pari al 56%): l’evidente flessione di questa specie potrebbe essere legata, oltre che alla ormai consolidata oligotrofia del bacino, anche ai possibili effetti di torbide subacquee indotte da piene e dallo spurgo di dighe che allontanano il pesce verso zone a minor tenore di solidi sospesi, oppure dalle reti stesse, rese più visibili dal materiale fine che vi si deposita.
Il boom dei dilettanti
I risultati della pesca professionale appaiono, insomma, in controtendenza rispetto ai dilettanti. Difatti, nel 2014 le catture dei pescatori dilettanti hanno raggiunto il livello massimo per il periodo in osservazione. Ammontano – sempre secondo i dati dell’ UCP – a 6.886 kg, con un consistente incremento rispetto all’anno precedente (+28%). Le specie principali, in questo caso, sono persico, coregone, trota, luccio e pesce bianco. Il pesce persico, con 2 tonnellate, ha di nuovo fornito il contributo principale al pescato, nonostante la diminuzione rispetto al lontano 2006 (–816 kg; -34%). Si è, invece, registrato un sensibile incremento per trota (+70%), luccio (+140%) e coregone (+34%). Per quanto riguarda infine i dati (peraltro ancora approssimativi) dello scorso anno, si può annotare che il coregone, qualità che presenta le sue eccellenze, sembra deludere un pochino rispetto al passato. Nota stonata anche per il pesce persico, benché la specie abbia fornito non poche soddisfazioni. La frega naturale del luccio è risultata incoraggiante, per cui fra un paio d’anni si dovrebbero registrare buone catture, come già accadde nel 2007.
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