Annoso problema e eterno conflitto tra produttori di riso e ambientalisti. Tema: l’acqua. Per gli uni manca e non si spreca, per gli altri si usa in eccesso. Difficile trovare un punto d’intesa. Ma qualcosa si può fare e la risposta ci arriva dalla ricerca, che studiando sistemi innovativi per una gestione sostenibile in risaia. Il tema è stato al centro di una giornata di studio che si è svolta al Centro Ricerche Ente Nazionale Risi di Castello d’Agogna, vicino Mortara, dove si sono ritrovati esperti del settore per presentare i riultati degli ultimi studi realizzati in campo e in laboratorio. Innanzitutto un concetto: gli agricoltori non sprecano acqua. E’ quanto ha ribadito uno dei ricercatori. Claudio Gandolfi (Università di Milano). “Il vero tema è rappresentato dalle elevate possibilità nelle forniture idriche e dal controllo delle parti non utilizzate, considerando che il 60 per cento non viene usato per uso irriguo”. La vera sfida si chiama quindi “water saving”, salvaguardia dell’acqua. “Abbiamo un patrimonio immenso – aggiunge Gandolfi – rendiamolo funzionale accrescendo le possibilità di utilizzo”. E il presidente dell’Ente Nazionale Risi ricorda che l’acqua utilizzata in risaia va ad alimentare le falde freatiche e non dispersa. Sul tema acqua in risaia l’Università di Milano ha realizzato un progetto denominato “Biogesteca”, presentato da Giorgio Provolo, finalizzato appunto a un utilizzo più mirato e funzionale della risorsa idrica.
Tutti d’accordo su un punto: non si può puntare l’indice contro gli agricoltori, che invece vanno considerati come unici e ultimi custodi del territorio. Un altro tema attuale: si può produrre riso senza acqua, cioè in asciutta. La risposta è affermativa, ma occorre distinguere tra varietà. Non tutte, infatti, possono rinunciare alla sommersione. Faticano a crescere e alla fine la resa produttiva è di molto inferiore a quelle ottenute con le pianticelle in parte sommerse. Giampiero Valè, direttore del Cra di Vercelli (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) ha presentato i risultati di una ricerca sui risi coltivati (circa 150 varietà) con tecniche alternative di gestione con l’acqua. ma risultati non sono stati incoraggianti: ridotte la produzione e la concentrazione proteica, minore resa. L’alternativa a queste condizioni è ricorrere alla genetica, ossia l’individuazione di di geni che possono essere utilizzati come marcatori per selezionare alcune varietà più resistenti allo stress idrico.
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