di Enrico Villa
La Sopexa italiana, diretta da Ettore Zanoli con sede a Milano in via Aristide De Togni 27, in uno dei suoi appalti per i prossimi tre anni si è aggiudicata la fornitura di mele altoatesine da collocare in Italia, Germania, Svezia, Paesi Bassi. L’entità dell’appalto è stata di 2,9 milioni di euro con una concorrenza significativa nei confronti in particolare delle Pink Lady, provenienti dall’Australia e che con una intelligente campagna di marketing stanno invadendo i nostri mercati attraverso i potenti canali della grande distribuzione. Una cinquantina di specialisti agli ordini di Zanoli che copre una buona metà dell’Europa, stanno lavorando attraverso gli uffici commerciali diplomatici per molteplici obiettivi: salumi con le radici tradizionali nei diversi territori italiani, formaggi, vini.
La Sopexa italiana, ufficialmente agenzia di marketing e promozione, si dovrebbe anche interessare del modo di vivere in collegamento con l’alimentazione di qualità in Italia rappresentata da oltre duecento Dop, IGP e cibi di chiara provenienza territoriale, cioè STG. Negli ultimi mesi le categorie agricole nazionali, in particolare Coldiretti tramite il suo presidente nazionale Ettore Prandini, hanno chiesto l’irrobustimento della Sopexa, in modo che attraverso le ambasciate accompagni i cibi di qualità all’estero proponendo sistematicamente il suo marketing e la sua propaganda più semplice, ad esempio sulle 70 testate della quale si serve la Sopexa nazionale. D’altro canto Massimiliano Giansanti di Confagricotura ha chiesto il potenziamento del piano agroalimentare per contrasare Stati Uniti, Inghilterra, Russia Cina. In questi ultimi anni la cronaca economica ha registrato tentativi di Sopexa interregionale e locale. A Siena per iniziativa del Monte dei Paschi è nato un organismo con l’obiettivo qualità con statuto 20 maggio 2017, che oltre alla banca senese ha associato la Valtur e la Traveller. L’epilogo, conclusosi un anno fa, era la conseguenza di progetti e di iniziative avviate nel 2002, vale a dire intensamente circa un quindicennio fa, per imporre sui mercati internazionali vini e altri generi, appunto di qualità.
Il riferimento delle categorie agricole alla Sopexa riguarda soprattutto la Sopexa francese che ha i suoi uffici commerciali all’interno di ogni ambasciata e che studia, in relazione all’estero, il comportamento e i costumi alimentari dei francesi. Anche i numeri della sopexa francese contano: Oltralpe si consuma circa il 4% di vino che anche potrebbe andare all’estero e circa il95% dei formaggi francesi. E sono proprio le statistiche che permettono agli specialisti francesi di disegnare le strategie premianti fra cui gli aperitivi. Un aspetto importante della Sopexa francese: essa fu varata nel 1961 quando era stato appena acceso il dibattitto sulla Cee non sempre gradita ai francesi e sulla globalizzazione che la Francia perora e utilizza ampiamente sia per i vini nonché i formaggi e per lo stesso riso che ha istituito speciali uffici a Parigi e ad Arles. Per l’Italia da allora la Francia è un competitore. In una visione globale non solo la Francia però. La stessa concezione globale, come nel XIX Secolo sta stimolando un altro dibattito che riguarda la produzione di merce solitamente scambiata e che ha fatto addirittura invocare il sovranismo ecnomico e produttivo, o meglio l’autarchia da parte delle categorie agricole. In particolare è la riduzione per ragioni politiche delle merci, specialmente frutta e verdura, colpite dalle sanzioni verso la Federazione Russa da parte della Comunità Europea e dell’area occidentale. Questi vincoli, di cui le categorie agricole italiane e comunitari si lamentano, ultimamente ha procurato danni per 250 milioni di euro che vanno aggiunti alle sanzioni deliberate nel 2014 quando la Federazione Russa fu accusata di promuovere l’annessione della penisola di Crimea, prima appartenuta alla Repubblica Ucraina.
Il danno che lederebbe la concezione di globalizzazione e di libero scambio sul quale anche si fonda il recente trattato della seta con la Repubblica Cinese, è evidenziato da un rapporto Usda degli Usa, reso pubblico tre anni fa. Secondo gli Stati Uniti la produzione di frutta e verdura soddisfa soltanto l’86% del fabbisogno interno russo, per cui i 15 milioni di tonnellate di verdure fresche sono integrate dalla produzione proveniente della Comunità. Ma in realtà questo non avviene con le proteste delle associazioni agricole comunitarie. Ultimamente la Crimea ha affrontato i problemi strutturali dell’orticoltura locale, sottraendo una quota di mercato fino al 2014 di pertinenza comunitaria. E sul mercato assieme gli ortaggi di consumo (cipolla rossa, zucchini, cetrioli ecc.) si è aggiunto il pomodoro nero di Crimea ricco di sostanze nutritive, sempre più diffuso e che compete con i pomodori e gli altri ortaggi della Pianura Padana, del Napoletano e del Tavoliere delle Puglie. Non solo. Dalla Crimea si stanno affacciando sulle aree vitivinicole i vini di Massandra bianchi, rossi, rosati arrivati dalla Grecia 3000 anni fa e con vigneti dopo l’annessione della Crimea, acquistati da una multinazionale e gestita industrialmente come in Italia, Francia, Germania. Fra breve, i vini di Massandra, introdotti dai nobili prima della Rivoluzione Sovietica del 1917, potrebbero figurare nelle enoteche occidentali.
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