P come Piemontese, P come perdita, P come passione. Con queste tre parole può essere
sintetizzato lo stato dell’arte di una delle razze bovine più eccellenti del mondo, appunto la
Piemontese, allevata soprattutto nel territorio subalpino. Ma in rosso, visti i numeri: costi di
produzione che si aggirano attorno ai 5 euro il kg, pagamento alla stalla poco più di 4. Prezzo al
consumatore stabilito sugli scaffali: 20-30 euro. Ecco perché entra in gioco il sacro fuoco della
passione. Di questo paradosso si parla nella giornata dedicata all’allevamento dei bovini di
razza piemontese, l’11 aprile a Novara, in due istituti: l’agrario Bonfantini e l’alberghiero
Ravizza. Un convegno che mette a fuoco la crisi del settore, ma anche l’enorme potenzialità.
Un summit scientifico, divulgativo, sotto l’egida di Fondazione agraria novarese (presidente
Leopoldo Cicogna Mozzoni), in collaborazione con le organizzazioni di categoria, i sindacati
agricoli, Provincia, Regione Piemonte, ordini professionali, l’Associazione Allevatori. Un
momento di svolta e interrogativi: continuare a produrre in deficit (“La Politica agricola
comune ha portato i redditi ai minimi storici e non possiamo più fare i kamikaze nei campi e
nelle stalle” ha detto Giovanni Chiò, presidente di Confagricoltura Novara-Vco) oppure
chiudere. Questa seconda opzione, purtroppo, viene lentamente seguita da più di un
allevatore, con alcune lodevoli eccezioni che spiccano proprio nel Novarese.
E’ il caso dell’azienda agricola “La Fontana” dei fratelli Ferrari di Momo. Giovani che hanno
raccolto il testimone dal padre, interpretandone la passione. Anzi, andando oltre. Il papà Piero,
veterinario: “Avevo iniziato con 8 capi di Piemontese, quasi per hobby. I miei figli ora ne hanno
250. Chiediamo soltanto di poter guadagnare lavorando, non affidandoci ai sussidi”. Allevano,
confezionano, commercializzano in proprio. Ma è uno dei pochi esempi in un mare di
sconforto, avvalorato dai numeri: in Italia gli allevamenti di Razza Piemontese, la più
importante autoctona Made in Italy, sono circa 4 mila. Concentrati per il 60% nella provincia di
Cuneo, gli altri nel Torinese, Biellese, Astigiano, Alessandrino. In questa mappa, Novara,
Verbano e Ossola rappresentano un segmento minore per quantità, ma significativo sotto il
profilo della qualità. Antonio Pogliani (Ordine dei dottori agronomi e forestali), anima e motore
di questo congresso come di altri progetti analoghi: “Disponiamo di circa 60 allevamenti con
un migliaio di capi; quasi tutte le aziende sono di medie dimensioni, 4 o 5 con oltre 50 animali.
Ma la tradizione qui è molto forte e sentita: basti pensare che i tori più famosi della
Piemontese sono arrivati quasi tutti dal Novarese e dall’Ossola. E siamo stati gli antesignani
della fecondazione artificiale per la selezione in purezza”.
La razza bovina cui è stata dedicata la giornata ha caratteristiche di alto pregio e la sua carne è
nota come una delle migliori grazie ai suoi valori dietetico-nutrizionali per la bassa
concentrazione di colesterolo e il buon rapporto tra acidi grassi saturi e insaturi. Ed è tutelata a
norma di legge dalla Igp (Indicazione Geografica Protetta) come Vitellone Piemontese della
coscia. Tutti punti di forza che gli allievi dell’istituto alberghiero Ravizza di Novara hanno voluto
mettere in risalto attraverso una “performance” gastronomica dimostrativa, che ha
contemplato un percorso del gusto.
Soltanto la passione tutela la Piemontese razza di eccellenza
di Gianfranco Quaglia
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