Fatica a decollare il “mare d’inverno a quadretti”, in altre parole la risaia allagata anche nella stagione fredda. La sommersione non è ispirata da una bizzaria, ma da un pratica agronomica precisa, mutuata dagli Usa e fatta propria in Europa non solo per ottenere risultati sotto il profilo ambientale quali l’incremento della biodiversità, ma anche per una migliore resa del cereale. Finora ha attecchito abbastanza in Lombardia, un poco anche in Piemonte, dove viene adottata all’interno del Programma di Sviluppo rurale della Regione. Gli agricoltori che la praticano fruiscono di contributi comunitari che transitano appunto da Bruxelles via Regione. Vi hanno fatto ricorso i risicoltori della Baraggia Biellese, per combattere un parassita pericoloso, il nematode galligeno contro cui un antagonista è rappresentato dalla sommersione invernale.
Ma ci sono ancora troppi ostacoli, non solo di natura psicologica e tradizionale, a frenare l’espansione. Marco Romani, dirigente Dipartimento Agronomia del Centro Ricerche Ente Risi, sta conducendo un progetto focalizzato sulla sommersione invernale: iniziato nel 2018 si concluderà a fine 2019. I primi risultati sono molto incoraggianti sotto il profilo degli obiettivi da raggiungere: innanzitutto la risaia allagata nel periodo del “sonno”, cioè in assenza di lavorazioni, offre la possibilità di una biodegradazione della paglia residuale con un incremento del 15 per cento rispetto alla tecnica del mantenimento in asciutta del campo. Altro aspetto da non sottavalutare: le risaie in genere sono fonte di emissioni di gas serra, in particolare di metano prodotto da microrganismi. Ebbene, in inverno non c’è emissione di metano e in primavera-estate con la paglia già biodegradata l’effetto è ridottissimo. Romani è convinto che per un allargamento della pratica sia necessario un coinvolgimento dei consorzi irrigui, per consentire una maggiore organizzazione territoriale nella distribuzione dell’acqua.
Si possono osservare anche nel Vercellese le prime risaie a sommersione invernale, una pratica agronomica innovativa che prevede l’utilizzo dell’acqua nei mesi freddi con l’obiettivo di ottenere importanti risultati in termini di rispetto ambientale e di resa del cereale. Nella sola provincia di Vercelli sono attualmente dodici gli ettari in cui si sperimenta questa pratica, adottata per la prima volta all’interno del programma di sviluppo rurale della Regione nel periodo 2014-2020.
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