Se una libellula vola in risaia (quel drone naturale della biodiversità)

Se una libellula vola in risaia (quel drone naturale della biodiversità)

di Enrico Villa

Le libellule sono ritornate nelle risaie, che in Italia si sono dilatate raggiungendo i 234.134 ettari. Parlando di biodiversità, L’Agricoltore (direttore Paolo Guttardi) all’insetto ha dedicato una pagina. Lo stesso periodico di Vercelli e di Biella di Confagicoltura ha richiamato più volte la biodiversità di cui molti parlano genericamente, però non approfondendo. Nel regno smisurato del biodiverso la libellula è un capolavoro naturale di ingegneria. Essa ha un apparato visivo complesso, sempre più studiato dagli entomologhi che lo ritraggono nei momenti più interessanti della sua esistenza. I suoi occhi inquadrano la preda (moscerini e altro) anticipando le loro mosse di sopravvivenza e se ne nutrono. Questo comportamento farebbe pensare alle attrezzature di un velivolo tecnologicamente assai avanzato, come da qualche tempo sono anche i droni impiegati nell’aria o sotto l’acqua.

La libellula, che appartiene all’ordine degli odonati e che è stata studiata fin da 1758, è un esempio affascinante di quanto la natura ci sta regalando e che, non rendendoci conto, talvolta noi distruggiamo. Spiegano gli scienziati nell’Enciclopedia della scienza e della tecnica (Edizione 2007, autori Enrico Porceddu, Gian Tommaso Scarascia Mugnozza) che, a causa specialmente dell’evoluzione, le cose vanno avanti così da 4000 anni. Poi nel 1992, per stimolo scientifico dell’Onu e della Fao, alla conferenza di Rio de Janeiro la biodiversità ha ottenuto una prima definizione completa. E’ questa: ogni tipo di variabilità tra gli organismi viventi, compresi, tra gli altri gli ecosistemi terrestri, marini e altri acquatici e i complessi ecologici di cui sono parte; essa comprende la diversità entro specie, tra specie ed ecosistemi. Per giungere a questa “fotografia” il lavoro è stato assai lungo, e in tempi ovviamente diversi, paragonabile ai 4000 anni della storia della Natura, genetica ed evolutiva. Incominciò nel XIX secolo Charles Darwin. Nel Novecento, e in particolare dagli anni Settanta, la marcia di avvicinamento alla biodiversità di adesso avrebbe portato alle indicazioni di Onu e di Fao nonché ai lavori della Conferenza di Rio de Janeiro che all’articolo 2 della Convenzione mondiale varata fissò la diversità biologica, fondamentale per preservare gli equilibri esistenziali del Globo. Anche confermate dalle ricerche del WWF nonché dalla Lega Ambiente oggi ci ritroviamo con questo censimento naturalistico: 1.318 animali; 1.265 vertebrati; 2.500 pesci; 9.800 uccelli; 8.000 rettili. Ma non solo, trascurando i dettagli. Sulla Terra albergano circa 10.000 batteri, 72.000 funghi, 270 mila piante fra le quali riso, grano, mais senza i quali il genere umano avrebbe avuto più di una difficoltà nel suo nutrimento e nel suo sviluppo sul Globo.

Questo Universo, secondo gli scienziati non ancora del tutto definito e in attesa di altre scoperte, comprende anche il suolo vivo vittima di distruzione, impermeabilizzazione e desertificazione in questi anni soggetto ad azioni giuridiche per la sua difesa. Quale tesoro sotto i nostri piedi rappresenti il suolo da tutelare, è confermato dalle ricerche scientifiche. Infatti ( Enciclopedia della Scienza e della tecnica) un grammo di terreno può contenere oltre 1 milione di batteri, 100.000 cellule di lieviti, 50.000 spore di funghi. Inoltre, un grammo di terreno agricolo può contenere oltre 25 miliardi di batteri, 400.000 funghi, 50.000 alghe, 30.000 protozoi. “Si può insomma dire – commentano gli scienziati – che una parte non trascurabile della massa di terreno sia costituita di esseri viventi. E che in qualche modo questi stessi esseri debbano essere tenuti presenti sia da quanti lavorano il terreno sia dal legislatore italiano e europeo.

Ugualmente importante è quanto sta sopra il suolo sotto forma di vegetazione o di goccioline di acqua disperse nell’atmosfera ma contemporaneamente utili per la necessità idrica. Ecco la prova pratica fornita dalla ricerca: una coltura di mais che produca 14 tonnellate per ettaro trasferisce nei pochi mesi del suo ciclo oltre 4500 tonnellate/ettaro di acqua. Inoltre, un singolo albero di una foresta tropicale può trasferire, in un anno, oltre 100 tonnellate di acqua. Di qui la preservazione, per quanto possibile, della vegetazione terrestre, talvolta eliminata per l’urbanizzazione selvaggia o per fatti speculativi, non dimenticando che gli esseri viventi vegetali producono ossigeno che abbatte anidride carbonica e le tossine disperse nell’atmosfera.

Il ritorno della libellula in risaia segnalata da L’Agricoltore e che invita ad approfondire (e preservare) le doti biologiche dell’insetto richiama la capacità della natura, non sempre tenuta presente, di adeguarsi ai cambiamenti. E’ il caso della farfalla Briston betularia, presente nei bacini minerari inglesi che cambiò colore diventando più chiara respirando la polvere di carbone, oppure la distruzione dei boschi di castagno canadesi causato dal fungo Cryphonectria. I castagni morti, lentamente ma inesorabilmente, furono sostituiti con l’aiuto del “popolo dell’ecosistema” dallo Tsuga canadensis. Ma il fatto più sorprendente accadde a favore della Palma da Olio, adesso in Italia messa al bando in pasticceria. Un tempo l’impollinazione era fatta a mano dall’uomo. Poi arrivò un insetto pronubo impollinatore con la prosecuzione della evoluzione naturale, non sempre considerata da quanti non colgono il vero significato della biodiversità.

libellula

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