di Enrico Villa
Nello scorso mese di novembre, il Parlamento italiano ha varato all’unanimità la legge per tutelare la biodiversità in agricoltura. Il dispositivo legislativo è passato a Palazzo Madama per l’approvazione definitiva. Soltanto dopo l’assenso del Senato, la biodiversità agricola potrà essere applicata nelle campagne per tutelare la biodiversità dalla quale, in buona parte, dipende il Made in… Infatti, anche la difesa della biodiversità, espressione dei territori italiani, consentirà ad allevamenti e coltivazioni vegetali di continuare a garantire produzioni che non hanno uguali e, in particolare, nei 28 paesi partners della CEE. Più recentemente, la Legge di stabilità ha ammesso in Italia la coltivazione del Goji, del Quinoa e di poche altre essenze importate, di vaga origine asiatica o sud americana. In ogni caso, le nostre autorità governative saranno chiamate a far rispettare le norme appena approvate, compresi i prodotti OGM che potrebbero alterare gli equilibri della biodiversità nelle nostre coltivazioni agricole.
Ma il problema della biodiversità, che anche condiziona, in parte, le scelte della Commissione dell’Unione Europea nonché il dibattito al Parlamento di Strasburgo, nel novembre 2014 è stato affrontato con la predisposizione di una bozza di regolamento, giornalisticamente definito lista nera contro 37 animali, microrganismi e vegetali di origine non europea, che compromettono gli equilibri della biodiversità nell’area comunitaria. Il regolamento, secondo gli estensori, avrebbe dovuto essere approvato entro il 2015 ed entrare in vigore il 1° gennaio 2016. Tuttavia, il Parlamento di Strasburgo (Ansa della fine di dicembre) ha bocciato la Lista Nera perché incompleta, fra l’altro non prendendo in considerazione animali come i visoni diffusi in Lazio e piante “pericolose” come l’Ambrosia, la Panace di Mantegazza e il giacinto d’acqua ritenuti presunti responsabili di forti allergie nella popolazione. L’euro parlamentare ceco Pavel Poc, assieme alla collega tedesca Renate Sommer, hanno riassunto così la posizione del Parlamento di Strasburgo: Sono felice che l’obiezione sia stata adottata dal Parlamento con una grande maggioranza e spero che la Commissione Europea presenti una nuova lista. I ritardi giuridici potrebbero rendere concreta questa contraddizione: il Parlamento di Strasburgo, alla fine, promulgherà un regolamento che tutti i paesi partners dovranno rispettare, mentre ogni singolo stato su animali, vegetali e microrganismi con 40 provvedimenti ha già legiferato singolarmente, come è appena accaduto per il Goji e il Quinoa. Il corto circuito giuridico appare evidente.
La vecchia lista nera di animali, vegetali e microrganismi della Comunità Europea, a suo tempo è stata messa a punto da 200 scienziati i quali hanno compilato una lista di 12.000 esseri alieni per l’Europa (il 10-15%, secondo la bozza di regolamento). Un contributo scientifico ragguardevole è anche stato dato dall’ISPRA (Istituto di ricerca e tutela dell’ambiente naturale), in modo particolare dal biologo Piero Genovesi il quale, per conto dell’Istituto, si occupa della fauna non locale, cioè pericolosa per la nostra fauna stanziale. In questa, è compreso lo scoiattolo grigio, una specie di simpatico roditore, però anche un attila per i boschi delle nostre colline e delle Alpi. Esso, di origine americana e portato in Italia da una famiglia genovese, si è riprodotto velocemente, sbreccia le piante ed è assai aggressivo per lo scoiattolo rosso nostrano il quale rischia di scomparire. Tutti gli altri alieni della lista nera comunitaria, compresi i vegetali acquatici che potrebbero comparire fra il riso, hanno storie attraenti sia per l’arrivo in Europa che per la loro riproduzione e permanenza nella UE: la vespa vellutina, un grande e vorace e pericoloso calabrone, in particolare stanziato in Piemonte, che distrugge gli alveari; la nutria, a suo tempo introdotto per la sua pelliccia, che vive nel Vercellese e nel Novarese in risaia, disperazione per i produttori che con le sue gallerie distrugge gli argini delle coltivazioni; le diverse specie di granchi (cinese di cui, in Italia, è ormai vietata la vendita e l’importazione), della Luisiana che per i gourmet grazie alle sue carni sostituisce le aragoste, altrettanto vorace verso i pesci e gli organismi acquatici nostrani; il pesce siluro individuato nelle acque del Po. Un esempio di granchio da non importare mai perchè arrecherebbe danni, sarebbe quello della Luisiana (il nome scientifico: Procambarus clarkii). Operatori toscani lo importarono, immettendono nel lago di Massaciuccoli (provincia di Lucca, e lago di Puccini). Esso però sfuggi al loro controllo. Proprio il caso del granchio della Luisiana ammonisce: per gli allieni, non più autorizzazioni di importazioni e allevamento.
Dicono gli esperti comunitari: non tenerne conto significherà ancora, un danno annuo di 12 miliardi di euro. E sarebbero, così, inutili le liste nere comunitarie o anche la legge italiana per la biodiversità.
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