di Gianfranco Quaglia
Non utilizza giri di parole Mario Francese, presidente di Airi (Associazione italiana industrie risiere), per lanciare l’allarme sulle importazioni di riso confezionato a dazio zero in Europa. Anzi, ricorre a una metafora, che di questi tempi fa sobbalzare, ma rende bene l’idea: “E’ come combattere con una fionda contro un carro armato. Una lotta impari”. L’arma più debole (il tirasassi) in questo caso è l’unica nelle mani della filiera risicola europea, mentre i tank provengono dal Sudest asiatico (Cambogia, Myanmar, Pakistan, India, Thailandia, Vietnam), che nel 2024 ha esportato nell’area UE circa 470 mila tonnellate di cereale confezionato, senza intermediazioni né barriere daziarie, già pronte e impacchettate per il consumatore. Dieci anni fa erano appena 50 mila quelle in arrivo, oggi sfiorano le 500 mila. “Avanti di questo passo – prosegue Francese – assisteremo nel medio periodo a un ridimensionamento dell’industria trasformatrice e nel lungo periodo a quello dei risicoltori. Sono orgoglioso di rappresentare un sistema industriale che copre circa il 35% dei consumi europei, ma tutto ciò potrebbe essere vanificato da una dissennata importazione”.
Il paradosso è che “tutto ciò” avviene nel momento in cui i consumi europei sono in crescita (anche grazie alla presenza di molti immigrati) e in aumento sono anche le previsioni sulle semine in Italia, spinte dalle buone quotazioni che ripagano dei costi di produzione. Insomma, dovrebbe essere una fase favorevole, se non si profilassero all’orizzonte nubi asiatiche. Nei prossimi giorni – annuncia Francese – ci sarà il vertice Ferm (la Federazione delle industrie risiere europee) e in quella sede il consiglio d’amministrazione promuoverà azioni per chiedere l’applicazione del dazio su tutto il riso confezionato in arrivo. Scaduta da tempo la clausola di salvaguardia che aveva consentito di frenare l’import massiccio da Cambogia e Myanmar, ora secondo Francese sarebbe sufficiente approvare un sistema tariffario contro il riso in confezioni: “Mi auguro che la Commissione europea si faccia carico di questo problema. E’ una battaglia che dobbiamo combattere insieme con gli stakeholders, ossia i produttori e i sindacati agricoli, evitando frammentazioni”.
E Pietro Milani, neo-direttore di Airi, insieme con Marta Bianchi assistente di direzione, afferma: “Auspico che l’allarme venga ascoltato in modo concreto. Il riso confezionato è un problema specifico che richiede soluzioni ad hoc”. I numeri snocciolati dal report di Airi fotografano molto bene lo stato dell’arte in UE: nell’ultima campagna la produzione comunitaria ha mostrato segni di leggera ripresa, ma risulta ancora lontana dagli standard antecedenti al 22/23, soprattutto per il forte calo degli ettari spagnoli. Centomila in meno le tonnellate importate, ma in controtendenza è aumentato l’import di cereale confezionato (+15%) e ancora più accentuato quello delle confezioni sotto i 5 Kg (+18,2%). “Il confezionato – sottolinea Francese – andando direttamente al distributore fidelizza il consumatore e minaccia gli spazi commerciali del riso comunitario. L’import del confezionato complessivo rappresenta il 33% di tutto il prodotto importato e quasi il 20% del totale consumato. Il prodotto arriva da Cambogia, Pakistan, India, Thailandia, Vietnam, dove gli industriali trasformatori locali hanno realizzato impianti all’avanguardia”. E soprattutto sono consapevoli del fatto che la produzione totale dell’UE costituisce il 54% dell’intero fabbisogno, quindi che esiste un largo margine di manovra e collocamento.
Se le nubi di cui sopra sono già presenti, all’orizzonte si profilano altre minacce: si chiamano Mercosur (a seguito del negoziato concluso), India e Thailandia. Insomma, un panorama a tinte fosche, appena attenuato dalla propensione dei risicoltori italiani che al sondaggio lanciato da Ente Nazionale Risi hanno risposto con un’indicazione di aumento della superficie (+7.500 ha, +3,33%). A questo proposito, il presidente Airi esprime la sua soddisfazione, ma non lesina qualche appunto in merito a quello che lui definisce “il decadimento della qualità del riso italiano. Un pericolo che può derivare dalle nuove varietà, a volte troppo distanziate da quelle tradizionali. Ne discuteremo anche con i sementieri”.
Altri numeri: in Europa il consumo totale di riso è di 2 milioni e 456 mila tonnellate, con un equivalente pro capite di 5,4 Kg. Il record è del Portogallo, con 18 Kg. E l’Italia? 6,8 Kg, superiore alla media europea.
L’effetto Trump? Francese: “Negli Usa esportiamo circa 6.500 tonnellate. Un eventuale aumento del dazio dovrebbe ridimensionare di poco questa nicchia”.
Nelle foto: Mario Francese (presidente Airi); Mario Francese con Pietro Milani (direttore generale), Marta Bianchi (assistente alla direzione)
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