Prima la pandemia con il lockdown, poi la guerra in Ucraina che ha fatto lievitare i costi dei fertilizzanti provenienti dall’Est Europa con percentuali a tre cifre; infine la siccità. Questa “tempesta perfetta” si è abbattuta sulla risaia italiana, costringendo i coltivatori del cosiddetto “triangolo d’oro” Novara-Vercelli-Pavia a rivedere le programmazioni. Così la superficie è stata ridotta (record nel Novarse con un -11%) con prospettive stravolte: in alcune zone la produzione sarà tagliata, se non annullata. Il paradosso è che questa scure si abbatte sul settore nel momento in cui i consumi sono schizzati, non solo in Italia, ma in tutta Europa. Si mangia più riso, ma non ce ne sarà per tutti. Ecco perché i magazzini sono praticamente vuoti (oltre il 95% degli stock relativi alla campagna precedente è esaurito) con quotazioni alle stelle: basti pensare che la varietà Carnaroli, la più apprezzata sul mercato dai ristoratori e dai buongustai, sulle principali piazze di contrattazioni (Novara-Vercelli-Mortara) fa registrare un incremento del 120% arrivando a superare i 100 euro il quintale. Per Arborio e S. Andrea +70%; raddoppiati i prezzi dei tipi tondi, Selenio e Lido; in crescita dal 40% anche i “lunghi B”, appartenente alla famiglia degli Indica (i cristallini richiesti sul mercato europeo e finalizzati ai contorni e alle insalate). Naturalmente questo scenario inaspettato si sta riversando anche sui prezzi al consumo, con rincari sino al 13% sugli scaffali ( in qusto caso incide molto anche l’aumento dei costi di produzione, dall’energia elettrica al packaging).
Insomma il riso made in Italy sta diventando merce sempre più preziosa e ricercata, ma anche rara.
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