<Se non si ferma l’importazione selvaggia di riso a dazio zero dai Pma (Paesi meno avanzati) la risicoltura subirà un tracollo e con essa è a rischio tutto l’equilibrio idrogeologico di una vasta zona compresa tra il Po ed il Ticino>. Parole drastiche, che emergono dall’ultimo comunicato diffuso da Confagricoltura e Confederazione ialiana Agricoltori di Alessandria, Milano e Lodi, Novara e Verbano Cusio Ossola, Oristano, Pavia, Vercelli e Biella. Come dire: tutto il mondo del riso italiano che lancia l’allarme citando gli ultimi dati significativi: i prezzi di mercato delle varietà di riso Lungo B (Indica), quelle che maggiormente e più direttamente subiscono la concorrenza dei risi di importazione dalla Cambogia e dal Myanmar, sono scesi in picchiata passando dai 26 euro/qle dello scorso febbraio, agli attuali 22,5, e non coprono assolutamente, pur comprendendo l’aiuto diretto Pac, i costi di produzione. Non solo: esistono ancora ingenti quantitativi di prodotto nei magazzini dei risicoltori.
Le importazioni di riso lavorato nell’Unione europea nell’ultima campagna di commercializzazione sono aumentate di 100 mila tonnellate, di cui 84 mila provenienti dai Paesi meno avanzati e quindi a dazio zero. Nel mese di maggio 2014 il quantitativo importato dai Pma è più che raddoppiato rispetto allo stesso mese dello scorso anno.
Le organizzazioni agricole (Confagricoltura e Cia) delle principali province risicole, sollecitano la Commissione europea, che sarà chiamata a pronunciarsi sul dossier (alla cui definizione hanno contribuito) che sarà a breve presentato a Bruxelles dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE): L’obiettivo è la richiesta della clausola di salvaguardia ai sensi delle disposizioni del regolamento Ue n. 978/2012 per porre un limite quantitativo alle importazioni di riso proveniente dalla Cambogia. Sollecitano quindi le Forze politiche europee a prendere in assoluta e seria considerazione quanto verrà presentato dal Governo italiano.
<Senza le opportune difese alle frontiere dal prodotto proveniente da agricolture dai costi di produzione nemmeno lontanamente comparabili con quelli europei – dice la nota congiunta – la risicoltura italiana rischia di essere fortemente ridimensionata, mettendo a rischio l’agricoltura di un intero territorio, che soprattutto nell’area storica di produzione non potrebbe essere riconvertito ad altre colture, e l’insieme della filiera con gravi ripercussioni sul tessuto economico ed occupazionale del territorio. Va riconosciuta in termini concreti la valenza ambientale della risaia e la sua importanza vitale per il regime delle acque superficiali e sotterranee dell’intera pianura padana. Una risicoltura ridimensionata, a cascata, esplica i suoi effetti anche sui consorzi irrigui e sul territorio, in quanto i risicoltori non avrebbero più interesse a mantenere quella rete irrigua che fino ad oggi, ha salvaguardato il territorio da dissesti idrogeologici e da alluvioni che con sempre maggiore frequenza si manifestano in altre zone>.
Infine un invito a tutta la filiera “riso” ad operare compatta, in maniera condivisa e con senso di responsabilità, evitando derive speculative, alla salvaguardia del settore. Con le cooperative di commercializzazione del prodotto sono in corso di predisposizione le misure per favorire lo stoccaggio del prodotto, anche con finanziamenti agevolati e costi ridotti, evitando così la “svendita” del riso in questo periodo di saldatura tra la vecchia e la nuova campagna di commercializzazione, che avrebbe effetti deleteri per il settore.
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