Cose da giganti. Anzi, da Gigante Vercelli. Ecco un altro riso che arriva dal passato, con il suo carico di storia, destinato a contare nel futuro. Perché cresciuto forte e sano, è alto quasi un metro e mezzo, non teme le avversità, neppure il brusone (la pyricularia oryzae), il fungo maledetto incubo di milioni di risicoltori in tutto il mondo e a tutte le latitudini. Due cromosomi della varietà possiedono infatti due geni resistenti.
E’ diventato Presidio Slow Food e a solennizzare l’evento è arrivato a Vercelli il presidente nazionale, Nino Pascale. La varietà fu costituita nel 1936, come spiega l’agronomo Maurizio Tabacchi, che con Gabriele Varalda della Condotta Slow Food Vercelli e responsabile regionale Agricoltura per Vercelli , Alessandria, Asti, ha impostato il recupero di questa “creatura” nata nella stazione sperimentale vercellese da un incrocio tra Lady Wright e Vialone. Gli agricoltori si accorsero subito di trovarsi al cospetto di un riso forte, antagonista anche dell’allettamento facile, appartenente al gruppo dei fini e adatto per i risotti grazie all’amilosio di circa 22,9 per cento che favorisce una consistenza morbida da mantecatura.
Fu di tendenza sino agli anni Sessanta, quando se ne coltivavano quasi seicento ettari; poi a poco a poco la superficie si ridusse sino a sparire, sostituita da altre varietà di successo (come il Carnaroli) più redditizie. Ma nel 2012 è stato recuperato da un’azienda del Vercellese, Ideariso, diventata responsabile di varietà storica e da conservazione. Ora si sta tentando il rilancio e come ha sottolineato Pascale si spera su larga scala, in modo tale che possa raggiungere molti consumatori. In quanto varietà storica – sottolinea il sindaco Maura Forte – è possibile richiamare anche il nome geografico e da qui la possibilità di unirle alla città. Opportunità non da poco, probabilmente una delle poche occasioni che consentono a un prodotto di essere identificato nel mondo con il luogo di provenienza, e viceversa. Tre le aziende che oggi lo coltivano: Varalda, Tabacchi, Ideariso.
E’ un Gigante per molti aspetti, non solo sotto il profilo immagine, ma anche per le sue caratteristiche agronomiche e intrinseche: poiché nasce resistente agli attacchi del patogeno, necessita di minimi trattamenti chimici. Il passo successivo sarà la coltivazione biologica.
Giorgio Ferrero, assessore all’agricoltura della Regione Piemonte: “L’immagine di un territorio si costruisce anche con i simboli e il Gigante è uno di questi. La nostra risicoltura non produce commodities, dobbiamo cambiare linguaggio e approccio. Presto il Gigante sarà inserito fra i Pat (prodotti agroalimentari tradizionale) così come il Maratelli e il Razza 77”. Davide Porporato, docente di antropologia, ricorda il ventennale dei Presidi Slow Food, ripercorrendo il cammino a cominciare dal cappone di Morozzo per arrivare sino al Gigante: “Riconoscerlo equivale riconoscere un padre”.
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