Quando ci si imbatte in un libro di ricette della nonna viene subito da pensare, con malcelata diffidenza, di essere al cospetto di una delle tante raccolte di mangiari di una volta, di quei cibi in tavola che si contrappongono alle proposte degli chef televisivi e inducono a esclamare “si stava meglio quando si stava peggio” e via dicendo con lo stereotipo delle stagioni che non sono più quelle di un tempo. Ma sfogliando “Ricette d’la nona” di Raffaella Lanza, giornalista di Radio City e Agostino Gabotti, commissario della Polizia Municipale, direttore della scuola di cucina, docente per L’Università Popolare di Vercelli, dopo poche pagine ci fermiamo a riflettere. Non siamo soltanto in presenza di una raccolta di proposte ricavate dalle pagine a quadretti del quaderno che nonna Lena riempiva ogni giorno in quella cucina fumosa, “luogo magico”, come scrive Raffaella e ora impaginate con cura da Publycom Editore. Raffaella e Agostino ci invitano a percorrere un viaggio attraverso tradizioni e cultura della risaia per ritrovare e forse riscoprire noi stessi. Ogni capitolo rispecchia la vita agreste, i ritmi e le stagioni vissuti nei campi, diversi da quelle di città. E’ il racconto delle nostre radici, di quando smartphone e food blogger non esistevano, in fondo appena l’altro ieri. La nonna non conosceva neppure il significato di quel brutto neologismo oggi in voga, l’impiattamento dei cibi. O del chilometro zero, che lei aveva però anticipato di mezzo secolo facendo conserve e marmellate, andando per erbette, pescando le rane. Le stagioni erano cadenzate dai momenti canonici in cui la famiglia si riuniva attorno al fuoco il giorno dei Santi per abbrustolire le castagne, non sapeva che cosa fossero i weekend o si concedeva una pausa solo a Ferragosto per il picnic a Oropa. Per ciascuna di quelle ricorrenze, comprese la nascita di un vitellino e il Natale, una serie di ricette dedicate: riso, panissa, agnolotti, anche arrosti e salame di cioccolato. Nonna Lena non “impiattava”, sapeva soltanto versare nel piatto quello che cucinava con un sorriso. Come uova e pomodoro (ov e tumatichi). Ogni tanto – confessa Raffaella – lo cucino, ma non ha lo stesso sapore di nonna: non sa di terra, di sole, di estate vercellese.
Da parte nostra auguri di Buon Anno a tutti e in particolare a coloro che non impiattano, ma sanno semplicemente mettere in tavola quello che cucinano con il sorriso di nonna Lena.
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