di Gianfranco Quaglia
Mortadelle, fettine, pizza, pasta al sugo, verdure, carne, pesce. E un gelato per finire. «Signori venghino», ce n’era per tutti i gusti al salone ospitato al Lingotto di Torino. Non quello dedicato al gusto, appunto, ma al libro, che nell’edizione 2014 ha totalizzato 10 mila visitatori in più rispetto allo scorso anno, lasciando un piacevole strascico di profumi e sapori di cui si dovrà tenere conto anche per le prossime edizioni. Perché la grande novità è stata proprio questa: il libro in padella. Può sembrare una metafora, ma tra gli stand e fra i numerosi incontri, gli autografi degli autori, non è mancata la presenza significativa del food inteso come punto di riferimento della cultura libraria. E, per renderla più realistica e accattivante, tradotta sui fornelli. Dimostrazioni pratiche, insomma, all’insegna dei più attuali programmi televisivi che invadono le nostre case. Il cibo e la filiera dell’agroalimentare protagonisti assoluti della più grande kermesse libraria d’Italia, a dimostrazione che la cultura si può e si deve fare anche prendendo per la gola i più intransigenti, quelli che «per carità non mischiamo il sacro con il profano», intendendo per quest’ultimo un primo di spaghetti cucinati all’istante nello stand, arricchito dalle spiegazioni dello chef che segue meticolosamente la ricetta indicata sul libro da acquistare.
Non si sono fatte mancare proprio nulla le case editrici specializzate nel settore, persino la «schiscetta perfetta» da eseguirsi secondo i canoni dell’esperienza maturata negli anni e riesumata con tanto di spiegazioni e suggerimenti ai tempi della «spending review».
Casa Cookbook, area di 600 metri quadrati, è diventata punto di riferimento obbligato per i visitatori del Salone, con lo show kitchen e un laboratorio che ha coinvolto il pubblico nella preparazione dei piatti. Così come nello stand di mamma Rai, dove ti aspetti programmi culturali e d’intrattenimento, dibattiti con scrittori, è andata in onda la fettina impanata o al grand marnier.
Segni del mutare dei tempi, che ci cambiano prospettiva e angolo di visuale, spingendoci ad affrancarci dal futile e dal virtuale. Come dire: il cibo, almeno quello, forse una delle poche ultime frontiere reali, teniamocelo stretto e sperimentiamolo senza accontentarci di guardarlo su un libro o sfiorando lo schermo di un tablet.
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