di Gianfranco Quaglia
La Commissione europea ha sempre riconosciuto che il riso è un «prodotto sensibile» e come tale da difendere dagli attacchi esterni, cioè dalla concorrenza. Alcuni mesi fa lo ribadì Cecilia Malmstrom, commissario per il commercio. Il direttore generale dell’Ente Nazionale Risi, Roberto Magnaghi, a distanza di tempo commenta quelle rassicurazioni: «In pratica ci disse di stare sereni». Ma le cose sono andate diversamente e oggi, alla vigilia della nuova campagna risicola, produttori e trasformatori guardano con preoccupazione al futuro e si sentono presi in giro. Perché, mentre l’invito alla serenità veniva digerito a fatica, proseguiva l’inarrestabile arrivo di cereale dal Sudest asiatico a dazio zero, in particolare da Cambogia e Myanmar. Non solo: l’Unione europea siglava un accordo con il Vietnam che consentirà al Paese asiatico di esportare, in esenzione di dazio, 80 mila tonnellate annue di riso. In attesa che questo accordo venga perfezionato e reso operativo, i risicoltori italiani sono costretti a subire un altro massiccio import già in atto: da settembre 2015 a gennaio 2016 le importazioni dai Pma (Paesi meno avanzati) risultano in aumento del 40%: in particolare la Cambogia fa registrare un balzo del 46%, il Myanmar del 15%. Inutili, fin qui, le proteste della filiera italiana, inascoltati gli appelli a Bruxelles affinché prenda in considerazione l’ipotesi della clausola di salvaguardia, una barriera che ponga fine a questa invasione. In realtà l’area europea è considerata dal Sudst asiatico terra di conquista e di pertinenza sotto il profilo degli scambi commerciali. Tanto che l’accordo di libero scambio Ue-Vietnam ora preoccupa anche il governo cambogiano. Non per il danno che la risicoltura europea potrebbe subire, ma per la spartizione di un bottino rappresentato dai consumatori europei: la Cambodia Rice Federation teme infatti che la fetta di mercato possa essere sottratta a favore dei risicoltori vietnamiti.
L’Europa, concentrata su altri problemi (banche e immigrazione) in questa disfida tutta sudasiatica resta a guardare con un atteggiamento attendista. Nel frattempo sembra valere il monito di Cecilia: «State sereni». Qualcuno in Italia lo conosce bene.
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