In Italia, i vegani sono l’8%. Alcune agenzie demoscopiche hanno accertato che i seguaci della filosofia vegana sono almeno un milione. L’ultima volta per i vegan (così il nome originario corrente) è stato a Torino, alla fine di luglio. Nel suo progetto di legislatura il neo sindaco di Torino, Chiara Appendino, ha prospettato una diversa dieta rispetto quella a cui, genericamente, sarebbero abituati i piemontesi. I giornali ne hanno riferito e l’impostazione della Appendino ha molto interessato i giornali europei. Secondo le cronache, un gruppo di vegani ha manifestato vivacemente a Cuneo, tanto che Enzo Pagliano, direttore di Coldiretti cuneese, ha scritto un articolo risentito sulle nuove tendenze alimentari che vanno contro tipicità e tradizione. I macellai, che nel capoluogo subalpino gestiscono una quarantina di negozi per la vendita della carne si sono considerati al centro del presunto attacco dei vegani.
Il dibattito sulla carne
Anche Aldo Manca, primari di gastroentorologia e di endoscopia digestiva (Ospedale di Cuneo) ha scritto un lungo e motivato articolo, evidenziando che in occidente le persone sono onnivore e che, moderatamente, la carne non fa male. Prima anche l’oncologo professor Umberto Veronesi e, quindi, la Fondazione a lui intestata avevano affrontato l’argomento, insistendo su un nutrimento razionale secondo la dieta mediterranea nonché la piramide alimentare dove la stessa è stata fissata dal ministero delle Politiche Agricole con la consulenza scientifica dell’Unità di Ricerca dell’alimentazione e nutrizione umana dell’Università La Sapienza di Roma. Nella piramide alimentare che si riferisce alla dieta mediterranea la carne, nonostante sia stata scientificamente assolta, si trova a metà del tronco. Pertanto, come anche evidenzia l’ Organizzazione Mondiale della Sanità, il consumo moderato di carne (possibilmente bianca) non è controindicato e non procura i “danni oncologici” paventati dai ricercatori. L’atteggiamento dei vegani, nei confronti del bestiame da cui vengono le mezzene di macellazione, è soprattutto filosofico e riguarda la sofferenza degli animali avviati alla morte.
Dopo la ratifica dell’accordo sull’ambiente e sull’inquinamento, sottoscritto in Cina da Obama e da Ijmping, premier cinese, il progetto di legislatura di Chiara Appendino riferito all’ambiente e al suo riequilibrio acquisisce ancor più importanza. La Fao (organizzazione agricola dell’Onu) evidenzia che l’allevamento nel mondo di 56 miliardi di bovini da carne e da latte contribuisce ad accrescere l’inquinamento di cui Stati Uniti e Cina sono responsabili per circa il 40%. Anche gli stati del Globo, dopo le rispettive ratifiche con l’ulteriore contributo di comuni come Torino, aiuteranno a ridurre questa percentuale, è ormai considerata pericolosa dagli scienziati.
Il caso Torino
L’antefatto di Torino, protagonista il movimento vegano, sollecita interrogativi che riguardano l’agricoltura, al di là dei ristretti interessi di settore, come quello dei macellai, dell’allevamento di bestiame, dei caseifici. In altri termini: effettivamente i vegani sono nemici dell’attività primaria e della dieta mediterranea rappresentata dalla piramide approvata con decreto dal ministero delle Politiche Agricole? La risposta a questi quesiti, sollevati dal dibattito in corso sui vegani e sul loro movimento nonché dall’atteggiamento recentemente mutato dai consumatori italiani ed europei non è semplice, avendo implicazioni consistenti di carattere economico e sociale. La documentazione anche riportata diffusamente sul web, evidenzia punti di contatto con le organizzazioni professionali agricole. Il “kilometro zero” per ridurre l’inquinamento e per utilizzare i frutti di stagione, invita ad approvvigionarsi di frutta e verdura del territorio, evitando l’import-export a centinaia o migliaia di chilometri. Lo stesso indicano le filosofie vegane (contrazione di vegetariano, nel 1944 appunto semplificato in vegano). Lo stesso vale per l’impiego ridotto o abolito di fitofarmaci accusati di inquinamento dell’ambiente su cui, da qualche tempo, insiste la stessa agricoltura. Ma i vegani sono molto rigorosi per le derivazioni animali (lana eccetera) che hanno fatto la fortuna del tessile europeo, o per le colle animali, oggi impiegate anche per le automobili. Invece, fin dalle loro origini (fondazione il 1° novembre 1944 da Donald Watson e Elsie-Shrigley) il movimento vegan fin dall’inizio è stato contro i latticini e i formaggi nonché contro la carne, pilastri sia dell’industria della carne e dei salumi nonché casearia che attualmente cercano di riprendersi dopo una crisi profonda. Ma come i vegani, differentemente dal passato, i consumatori sono molto diffidenti e non si fanno più coinvolgere dalle “trappole” imputate al marketing. Le indicazioni di questo movimento, del quale in genere si ignora la storia, più di anni fa sono condivisibili dal cosiddetto uomo della strada e dai mass media palestra di filosofi, nutrizionisti ed esperti alimentari. In ogni caso, la piattaforma filosofica vegana – fatte le debite eccezioni – si sta dilatando. La sua influenza è ultimamente accentuata anche sui regolamenti territoriali e sulla legislazione regionale e nazionale. Gli esperti di sociologia ammoniscono: tutti i messaggi – non la loro drammatizzazione come a Torino per i macellai o i casari – dovrebbero essere considerati nel loro giusto significato. Alla fine, ne guadagnerebbero tutti, agricoltura e alimentazione in primo luogo.
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