di Enrico Villa
A giugno 2017 i rappresentanti della Pianura Padana, che comprende Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Venezia Giulia si sono riuniti a Bologna. All’ordine del giorno l’aumento sconsiderato delle polveri MP10 e MP 2.5 ( Particular matter, di pochi millimetri di diametro)inquinanti di residui di combustione come le paglie di riso sicuramente cancerogene, segnalata dall’Unione Europea che minacciano interventi punitivi verso i 28 paesi aderenti e che le Arpa regionali confermano. Su 48.850 chilometri quadrati e su circa 25.000 ettari per tutto il 1917 era piovuto il particolato prodotto dalla circolazione automobilistica e dagli insediamenti civili e industriali. In un simpatico ma significativo disegno della grafica Alessia Marinelli, collocato in apertura di una relazione dell’Ispra che ragguagliava sull’inquinamento della Pianura Padana nel periodo 1990/2016, era riassunto quello che in un decennio era accaduto: i fumi che si levavano dalla sede delle strade, dalle fabbriche e dalle abitazioni civili con la possibilità di un futuro ancora più preoccupante. L’unico comparto lasciato fuori dalle prospettive drammatiche era l’agricoltura. Infatti come era documentato da altri grafici e ricerche, il settore agricolo era considerato responsabile appena per il 10% circa, mentre il 28% circa per il metano, il 20% per l’industria, il 32% per la produzione di energia soprattutto elettrica.
Il summit di Bologna indusse le amministrazioni regionali della Pianura Padana ad indicare provvedimenti che sarebbero stati attuati nel 2018: limitazione della circolazione veicolare specialmente dovuta a motori diesel tuttavia con l’esclusione dei propulsori agricoli, limitazione del riscaldamento civile, riduzione delle altre macchine e delle installazioni industriali, incremento della forestazione con una nuova legge quadro di competenza delle regioni sui boschi, maggiore attenzione per le discariche con incendi più di un tempo e produttori di carbon dioxide e di diossine che, se respirate, provocano gravi malanni come insistono le Arpa regionali ma prima di tutto le autorità sanitarie. La riunione di Bologna produsse anche un altro provvedimento che è entrato in vigore nello scorso mese di ottobre: una ordinanza generale di competenza dei sindaci della presunta camera a gas, cioè della Pianura Padana per regolare drasticamente i flussi di PM10 e PM 2,5 in quasi tutte le regioni che superano i 50 milligrammi come prescrivono i regolamenti comunitari e le leggi sulle qualità dell’aria avviate all’inizio degli anni Novanta e che, di fronte all’inquinamento, drammatico hanno raggiunto il culmine di applicazione nel 2017 e in questo imprevisto autunno meteorologicamente in corso. Una relazione annuale presentata in Parlamento dal Comitato di Sviluppo del Verde Pubblico (ministero dell’Ambiente) il 30 maggio 2017 considera un aspetto in genere assai trascurato: il danno, talvolta grave, che i giardini pubblici delle città riportano a causa dell’inquinamento, appunto arrecato dalle mefitiche polveri sottili. Questo specifico aspetto riguarderebbe l’effetto non chiarito delle polveri sottili sulle coltivazioni, nocciolo importante dell’agroalimentare e il presunto risultato dell’azione delle MP10 e delle MP2,5 rispetto ai non voluti fertilizzanti utilizzati e ai fitofarmaci chimici di largo impiego nei cereali.
Le relazioni scientifiche più accreditate insistono sugli effetti del particolato comprendendo l’ambiente e, quindi, in termini indiretti l’agricoltura. E questo come anche è evidenziato da analisi di diverse Arpa avviene a danno della vegetazione per il fenomeno della corrosione sugli stabili agricoli e degli allestimenti zootecnici, dello ozono inquinante che si miscela con altre sostanze e sull’oscuramento totale procurato dalle particelle che alterano il normale processo della fotosintesi clorofilliana essenziale per le piante e che aumentano il riscaldamento globale, sempre più all’ordine del giorno, alla base di imprevisti ritardi colturali nonché patologie che riguardano le coltivazioni e i disastri idrogeologici. Infatti, con la complicità dell’alta pressione atmosferica che favorisce i ristagni di sostanze nocive e di altri fenomeni meteorologici, il problema dell’MP10 e dell’MP2,5 proprio per i molti risvolti interessa la Pianura Padana come, del resto, le altre pianure più ristrette della Penisola come quelle toscana e pugliese.
Inoltre, il capitolo complesso delle polveri sottili fortemente temute dalle nostre autorità sanitarie, apre il capitolo altrettanto complicato dell’inquinamento generalizzato che ricollega al Global Warming Potential (GWP), ossia all’aumento sempre più pericoloso della temperatura terrestre come sta accadendo in questi mesi autunnali e del Gas Serra che altera gli scambi di radiazioni infrarosse e dai grandi inquinatori rappresentati dal vapore acqueo (H2O) dalla anidride carbonica (CO2) dal protossido di azoto (N2O) dal metano (CH4) e dall’esafluoruro di zolfo (SF6).Essi, assieme ai gas alogenati come quelli un tempo contenuti nelle bombolette messe fuori legge attentano all’equilibrio dell’ambiente e della agricoltura come, alludendo il Global Warming Potential, appunto il GWP, sottolinea l’Intergovernement Panel on Climate Change. Forse un po’ meno di anidride carbonica nella Pianura Padana favorirebbe il ripristino delle temperature naturali di cui le specie vegetali non possono assolutamente fare a meno.
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