“Pochi i risultati concreti, anche se apprezziamo l’impegno delle istituzioni. Torniamo a chiedere un consiglio regionale aperto sull’argomento”. Così Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, sull’epidamia di peste suina causata dai cinghiali. Sono passati oltre 150 giorni dal ritrovamento del primo animale infetto. “Il problema deve essere affrontato in modo più incisivo: la scoperta di un nuovo focolaio in provincia di Roma non può essere messo in connessione allo spostamento di cinghiali dalla zona infetta di Piemonte e Liguria, per cui occorre intensificare la vigilanza e capire come mai la malattia si stia estendendo in questo modo”.
Confagricoltura Piemonte torna sul tema dell’eccessiva proliferazione dei selvatici, che causano danni all’agricoltura e rappresentano un veicolo per la trasmissione di malattie. Le recinzioni, come è previsto dal manuale ministeriale per l’emergenza peste suina africana https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1670_10_file.pdf , rappresentano una delle misure da applicare nella zona infetta, ma occorrono anche altri interventi.
Il manuale per l’emergenza prevede che “al di fuori della zona di sorveglianza (o zona addizionale di sorveglianza), la caccia al cinghiale si svolge come da normativa venatoria e senza alcuna restrizione. Tuttavia la complessiva strategia di eradicazione prevede un ingente sforzo di depopolamento da operarsi sia tramite cacciatori sia tramite operatori abilitati in dipendenza dell’organizzazione locale. Un’efficace opera di depopolamento – è scritto nel manuale del Ministero della Sanità – si raggiunge quando vengono abbattuti il doppio dei cinghiali abbattuti normalmente durante l’attività venatoria”.
“Questo significa – spiega Allasia – che entro la fine dell’anno si dovranno abbattere almeno 50.000 cinghiali, ma i numeri che ci ha fornito la Regione al riguardo sono sconfortanti. Perché non si abbattono i cinghiali? Abbiamo chiesto un consiglio regionale aperto sull’argomento, ma al momento delle forze politiche non abbiamo ancora ottenuto risposte. Ribadiamo che occorre un piano straordinario di interventi urgenti, per non compromettere una filiera che in che interessa 1.400 allevamenti in Piemonte, per un valore complessivo a livello nazionale di oltre 8 miliardi di euro”.
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