di Enrico Villa
Le cifre sono messe una dietro l’altra dall’Ispra (Istitutto per la protezione e la ricerca ambientale), anche con una stima di Coldiretti la quale più insiste per i danni ingenti dei selvatici sia in pianura che in collina e in montagna. Nel 2005 i cinghiali erano 600 mila, sono diventati 900 mila dieci anni dopo e hanno raggiunto la cifra imponente di un milione quest’anno. E secondo Coldiretti i prolifici ungulati, nutrendosi dei raccolti (riso, mais, soia) hanno provocato danni all’agricoltura nazionale. Nell’ultimo anno – calcola Coldiretti – “gli animali selvatici che distruggono i raccolti, sterminano gli animali allevati, causano incidenti stradali a livello nazionale, per quasi cento milioni di euro, senza contare i casi in cui ci sono stati feriti e purtroppo anche vittime”.
Per restare al Piemonte, la cui Regione si sta occupando della proliferazione di selvatici, così nel Novarese, nel Vercellese, nell’Astigiano, nel Cuneese e in Valle d’Aosta. In questa ultima regione a statuto speciale, le scorribande dei selvatici nei villaggi e nelle malghe (lupi e volpi) sono anche diventate aggressioni al bestiame dei centri abitati, talvolta presenze minacciose. Le telecamere e i filmati documentano.
Il caso approda a Bruxelles
Il fenomeno è diventato tanto macroscopico da essere ordine del giorno a Bruxelles dove, specie nell’Europa Nord-centrale, la sensibilità verso gli animali è qualche volta diversa che in Italia. Se possibile, meno annientamento di selvatici e loro contenimento per preservare le specie, qualche volta impedendo la loro sparizione. In questo modo, la regola vale per gli orsi, anche per i lupi e i canidi, i cervi e i cerbiatti, ugualmente responsabili della distruzione delle coltivazioni. Un strada anche indicata dalla UE potrebbe essere quella del risarcimento finanziario delle coltivazioni colpite da parte dei partner. In proposito, le categorie agricole insistono sul risarcimento, in ogni caso prescindendo dall’alto aspetto: i cinghiali sulle strade sono un pericolo, responsabili di incidenti, talvolta assai gravi. “Non è ormai più solo una questione di risarcimento – commenta la Coldiretti in un articolo dedicato al problema – ma è diventato un fatto di sicurezza delle persone e della vita nelle campagne ma anche nelle aree periferiche delle città”. E la Coldiretti così prosegue: “per chi opera nelle aree montane e svantaggiate, è un rischio la possibilità di poter proseguire l’attività agricola ma anche di circolare sulle strade o nelle vicinanze dei centri abitati”.
La solida cultura venatoria
Riferendosi alla Toscana, per tradizione importante nella categoria dei selvatici per quanto possibile da tutelare e non sopprimere senza alcuna alternativa, l’Ispra tempo fa ha curato un volumetto elettronico dedicato alla multifunzionalità agricola, biodiversità e fauna selvatica. Il lavoro, sottoforma di rapporto, si articola in sette capitoli dove è evidente la necessità, per quanto possibile, di preservare gli equilibri naturalistici rappresentati dai selvatici in un più ampio contesto ecologico. In questo stesso contesto non potrebbe mai prendere il sopravvento la carica del milione di cinghiali, o altri selvatici, a svantaggio delle colture. E in questo stesso contesto viene richiamata la solida cultura venatoria, indispensabile per la soluzione del problema dei selvatici e propria della tradizione toscana.
Impariamo dai guardaparchi africani
La smisurata pubblicistica sul tema specifico ha anche affrontato la questione di contenere la pressione crescente dei selvatici senza ricorrere alla loro carneficina che anche potrebbe alterare gli equilibri naturalisti di una o più zone. Secondo alcuni autori, un suggerimento viene da alcuni guardaparchi africani. Quando essi in un territorio – la citazione è della Fao – intendono dirottare elefanti, ricorrono alla polvere di peperoncino. I pachidermi, con l’olfatto assai sviluppato, cercano di stare lontani dalla irritante polvere di peperoncino. Senza letteratura convincente, la tecnica del peperoncino sarebbe applicata anche contro l’invasione dei cinghiali. Gli animali, con un olfatto assai sviluppato, non sopportano l’odore della polvere di peperoncino. Quindi, stanno lontano dalla coltivazione trattata che, così, non distruggerebbero. E lo stesso – affermano alcuni zoologi – accade con la polvere di aglio. Sarebbe come a dire che il cinghiale, creatura diabolica, si comporterebbe come le vecchie streghe della tradizione favolistica delle nostre campagne. Ma son sole favole, mentre le distruzione delle coltivazioni è terribilmente concreta. E anche assai costosa.
You must be logged in to post a comment Login