Patrimonio Unesco. Dopo la città di Ivrea, ora tocca alla risaia

di Gianfranco Quaglia

Il riconoscimento da parte dell’Unesco di Ivrea Patrimonio mondiale dell’Umanità non è soltanto un risultato che premia il grande lavoro di Adriano Olivetti. E’ un gesto che supera l’aspetto prettamente industriale, come ha ben ricordato Confagricoltura di Torino, sottolineando l’impegno dell’imprenditore per il territorio e la sua idea di sviluppo anche attraverso l’agricoltura: fu infatti lui a dare l’incarico al giovane enologo Vittorio Boratto di realizzare nel 1953 la Cantina della Serra e Piverone, specializzata nella produzione di Erbaluce di Caluso. Insomma, un industriale illuminato a 360 gradi, che guardava oltre i confini della sua azienda.

Ora il Piemonte dispone di cinque siti Patrimonio dell’Umanità. Gli altri quattro sono le Residenze Sabaude, i sette Sacri Monti, i Siti Palafitticoli sul Lago di Viverone, i Paesaggi vitivinicoli Langhe-Roero-Monferrato. Una copertura che inorgoglisce la regione e funge da richiamo turistico e sociale. La corsa a ottenere questi ambiti riconoscimenti è una tendenza ormai consolidata in tutta Italia, considerando le bellezze naturali e culturali di cui dispone il nostro Paese. Ma il Piemonte avrebbe ancora possibilità da rivendicare: la risaia. Un patrimonio naturale, costruito e difeso con il lavoro dell’uomo nei secoli, unico in Europa per estensione e caratteristiche. Qui si coltiva oltre il 50% del riso Made in Italy, su una superficie concentrata prevalentemente nelle province di Vercelli, Novara, Biella, Alessandria. E una propaggine, non indifferente, in Lombardia soprattutto nel Pavese. Una realtà non solo economica che si regge sulla capacità di imprenditori e imprenditrici, consorzi irrigui, ai quali viene riconosciuto il ruolo di sentinelle dell’ambiente. Costruita nei secoli, a partire dai monaci che dissodarono le terre paludose, oggi la risaia italiana è un esempio di trasformazione e bonifica senza eguali nel mondo. Un equilibratore dell’assetto idrogeologico, che non disperde acqua, ma la riutilizza più volte alimentando le falde, prima di rilasciarla definitivamente ai fiumi e al mare. La risaia, spugna naturale che evita anche alluvioni e disastri, oggi è gestita con sguardo attento all’ecosistema ambientale. Se così non fosse, gli ibis del Nilo non l’avrebbero scelta come dimora accanto agli aironi tornati numerosi. 

 

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