di Gianfranco Quaglia
La sua terra era il Monferrato, la Silicon Valley del vino italiano, come ama definirla il figlio Andrea. Il sen. Paolo Desana, nato su quelle colline cento anni fa, è il papà delle Doc (Denominazione d’origine controllata). Con quel valore aggiunto, frutto di un’intuizione a lungo inseguita, il vino italiano ha compiuto passi impressionanti, arrivando a essere il primo nel mondo. La sua legge fece compiere al settore un salto di qualità che ha spinto tutti gli operatori a migliorare e trasformare il comparto enologico, sino ad assurgere ai livelli dei nostri giorni. Ecco perché il 13 gennaio a Palazzo Vitta di Casale Monferrato (Alessandria), con inizio alle 16, il Comitato Casale Monferrato Capitale della Doc, di cui è presidente il figlio Andrea, ricorda l’illustre concittadino. Non un atto dovuto, ma un gesto sentito, un tributo che arriva non solo dalla sua città, ma da tutto il mondo del vino e non solo.
Perché Desana, senatore della Repubblica dal 1958 al 1963 nelle fila della Dc, non fu soltanto un politico che si battè per dare una svolta ai viticoltori. Alla celebrazione interverranno anche esponenti dell’Associazione reduci della prigionia, di cui fece parte dopo la seconda guerra mondiale. Andrea: “Più che una commemorazione desidero che sia una chiacchierata di testimonianze e ci sarà anche Pinetto Giorcelli, suo compagno di prigionia. Di quel periodo trascorso in 12 campi di concentramento tra Polonia e Germania mio padre non parlava mai, così come quasi tutti gli altri internati per il timore di non essere creduti. Soltanto negli ultimi anni, poco prima della scomparsa, cominciò a raccontare qualcosa in famiglia. Di quando, tenente di artiglieria, subito dopo l’8 settembre 1943 fu fatto prigioniero dai tedeschi in Costa Azzurra e non accettò di combattere per la Repubblica di Salò. Deportato, fu condannato alla fucilazione a Colonia e sfuggì miracolosamente all’esecuzione della sentenza. Aveva soltanto 24 anni e tutta la vita davanti a sé. In quei campi morirono 55 mila soldati italiani che come lui rifiutarono qualsiasi compromesso, ma di queste pagine poco si è detto. Non aveva mai recriminato, in famiglia invece mi parlava spesso del futuro, guardava avanti, voleva lasciare un segno e un contributo al suo Monferrato”.
Nel ’58, in pieno boom economico, sarà eletto a Palazzo Madama. In precedenza è amministratore locale come assessore all’agricoltura della Provincia di Alessandria e durante quel mandato a Cerrina organizza il primo convegno italiano sulla collina. “Fu un evento importante – ricorda Andrea – allora io ero un bambino, quell’avvenimento diede inizio a una rinascita della zona. Ma lui desiderava andare oltre: era dal 1888 che si parlava di una denominazione dei vini italiani, ma quella legge non veniva mai approvata per la mancanza di unità del mondo vitivinicolo, diviso da Sud a Nord. Nel Meridione si temeva che il traguardo potesse favorire i vini del Settentrione a scapito degli altri. Ecco, una volta senatore, mio padre si assunse il compito di mediare e di tessere relazioni interpersonali, che andavano oltre le appartenenze partitiche e che mettessero tutti d’accordo. Non fu facile, ma ci riuscì convincendo maggioranza e opposizione a approvare la legge-delega che impegnava tutti a concordare sui principi di base. Credo che questo sia stato il risultato più bello. Per raggiungere quel traguardo aveva studiato l’esempio francese che risaliva al 1935, l’Italia arrivava con trent’anni di ritardo, ma lui fu determinato superando ogni campanilismo”.
E così Paolo Desana, primo firmatario di quella legge, riesce a scrivere una nuova unità d’Italia, quella del vigneto d’eccellenza da Nord a Sud ed entra nella storia accreditandosi come il padre delle Doc, alle quali poi seguiranno le Docg (denominazione d’origine controllata e garantita).
Nel 1966 diviene presidente del comitato nazionale per la tutela della denominazione di origine dei vini e mantiene questo ruolo fino al 1989. “Quando lasciò la carica – prosegue Andrea – le Doc erano già duecento e il fenomeno dell’enoturismo, che oggi arriva a oltre 10 milioni, si stava sviluppando. Grazie all’intuizione di mio padre cambiò anche il modo di gestire il settore vino. La legge spinse e obbligò a costituire i consorzi di tutela, circa 400 fortezze territoriali che rappresentano la difesa di quelle Doc. Un modello di organizzazione straordinaria, di cui dovrebbero dotarsi anche altri settori agricoli, ad esempio quello del riso”.
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