Anche l’0ssolano, in primavera definitivamente varato a Crodo (Verbania) sarà un formaggio Dop, con l’attributo aggiuntivo d’alpe, che ancor più caratterizzerà la sapienza casearia delle valli ossolane: produzione oltre i 1.400 metri di altitudine dal 1 giugno al 30 settembre di ogni anno, da latte vaccino, in forme da 6 a 7 chilogrammi con i profumi delle erbe di montagna, nutrimento dei bovini al pascolo. E l’Ossolano Dop si aggiungerà all’elenco dei 339 Dop, più gli oltre 6oo Dop, Igp, Pat, Sqa, Bio, Bevande Spiritose che nelle sigle riassumono le peculiarità di nostri territori, importanti non soltanto per l’agricoltura di qualità, bensì anche per sostenere la domanda turistica delle aree interessate, sollecitata dai prodotti gastronomici che ci provengono dalle tradizioni territoriali agricole.
In sostanza, questa è la conclusione di una ricerca attuata dal Dipartimento di management dell’ Università di Torino assieme al settore programmazione e valorizzazione del Sistema agroalimentare della Regione Piemonte. I ricercatori (Moreno Soster, Regione Piemonte , Giovanni Peira, Carlotta Merlo, Alessandro Bonadonna, Francesco Cappella, Ambra Palazzo, Università di Torino) hanno anche scritto una nota esplicativa. Nella stessa nota si argomenta: “L’Unione Europea è orientata sempre più al sostegno finanziario di azioni che rafforzino la competitività aziendale, anche mediante l’adesione a regimi o sistemi di qualità (Dop, Igp, Bio, Sqa, sistemi di certificazione volontaria). La ricerca vuole essere un contributo ad una maggiore conoscenza di quanto fatto finora in Italia e occasione di riflessione per sviluppare le future attività regionali di valorizzazione nell’ambito delle politiche Ue 2014/2020”
Il richiamo delle conclusioni dei ricercatori colloca in una luce ancora più importante i Pat ( prodottiagroalimentari tradizionali, Decreto Legislativo n. 173/98) e gli Sqa (Sistemi di qualità alimentare che da secoli formano una via lattea nelle campagne italiane disegnate dalla sapienza alimentare popolare). I Pat iniziarono con un primo elenco nel 1999, sfoltito nel 2002. Sempre secondo la ricerca dell’Università di Torino e della Regione Piemonte, gli Sqa, sonoun importante strumento di comunicazione e di promozione dei prodotti e garantiscono elevati standard qualitativi, nonché assicurano visibilità nei confronti dei consumatori e prevedono l’intervento di controllo da parte di un ente terzo. Allo stato le Regioni che hanno curato, anche burocraticamente, gli Sqa sono dodici. Nei territori gli Sqa, avendo ben presenti gli interessi dei consumatori e dei produttori diventano concreti attraverso disciplinari di sistema territoriali, per scelta degli operatori.L’ accettazione responsabile del controllo consentirà almeno tre risultati: attraverso le sue produzioni, la sicura valorizzazione del territorio; la riduzione o l’annullamento delle sofisticazioni; la ripresa storica su documenti e tradizioni sugli alimenti e sui cibi preparati dalle popolazioni. Per conferire contenuti ai Pat e agli Sqa dellediverse aree italiane assai importanti da un punto di vista dell’economia alimentare e del turismo, i ricercatori di diverse Università hanno indagato quello che era accaduto dal Settecento o Ottocento ad oggi.
Ciò è anche avvenuto per i Pat che in Piemonte e nelle sue province sono assai importanti e hanno consentito il recupero di ricette, sepolte per decenni nell’oblio della Storia, con grande danno per L’offerta turistica. In un suo catalogo gastronomico, la Regione Piemonte ha richiamato all’attenzione dei territori e della sua popolazione alcuni cibi preparati e ricette: la galantina impossibile senza l’allevamento dei polli; l’antipasto piemontese, avente come base le verdure di cui è ricca la regione; la torta amara della Valletta, caratteristica del comune di Caraglio; le brioche gramolino, dell’arte pasticciera di Galliate (Novara); i preparati con il tartufo nero, al posto del tartufo bianco, ottimo con i risotti, le uova e via elencando.
In questo catalogo regionale non figurano le versioni vercellese della Panissa e novarese della Paniscia dove sono più preminenti le verdure degli orti del Novarese. Anche per la Regione Piemonte, a proposito di una coltivazione importante dell’Agriqualità come il riso, vale il seguente commento, riferito in particolare alle caratteristiche del cereale: anche le differenti varietà di riso sono state inserite in un’unica scheda dedicata ai “risi tradizionali”. E’ vero. Ma è altrettanto vero che Panissa e Paniscia, preparati con i “vecchi” risi come Originario, Balilla, Maratelli, hanno una storia vivida con le radici affondate nel Piemonte Orientale, così come accade per il Risotto al puntel preparato con il Vialone Nano nel Veronese e in Veneto. Il Risotto al puntel è stato codificato, Panissa e Paniscia no, nonostante campionati e molte gare territoriali. La ricetta della Panissa, messa a punto a metà Ottocento e che figura nel ricettario Risoidea (Edizione Ente Risi) non ha ancora portato ad un inserimento nei Pat, alla stregua dell’antipasto piemontese o del gremolino. Peccato. Con danno conseguente per territorio, riso e risotti con spiccata personalità
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