Lo chiamano “Metodo Stocchi”, alias come coltivare il riso con metodologie che vanno oltre il biologico. Stocchi è il cognome della famiglia che alla Cascina dell’Angelo di Rovasenda (VC) è titolare dell’azienda agricola “Una Garlanda”. Siamo nella Baraggia, tra Vercelli e Biella, il Monte Rosa sembra incombere a due passi. Gli avi degli Stocchi arrivarono dalla Bergamasca nel 1948, con un carretto a piedi e scelsero queste terre difficili da coltivare, tutte boschi e paludi. Sfida vinta, oggi i campi sono una risaia intercalata da filari di querce, farnie, betulle, salici, ontani, alberi di rosa canina, ginestre, meli, noccioli, senza preoccuparsi delle ombreggiature. Perché gli eredi, sino a Manuele Mussa, ingegnere entrato in questa grande famiglia, contagiato dagli affetti e dal rigore naturalistico, hanno voluto mantenere integro quell’habitat. Quasi un Eden, dove rispetto per l’ambiente e attività agricola possono coesistere. Senza inficiare la produzione. Si può, sottolinea Mussa, tenendo presenti alcuni parametri. Ad esempio una rigorosa rotazione dei seminativi, alternando il riso con altri cereali e leguminose (fagioli dall’occhio, lino, segale, avena). E’ il concetto di policultura che incide in termini positivi anche sui costi di produzione. Un esempio? Il terreno più fertilizzato richiede meno interventi, di conseguenza minor impiego di mezzi meccanici. Traduzione: il consumo di gasolio agricolo impiegato si è ridotto da 45 mila litri a 16 mila. Alla Garlanda lo sguardo è fortemente orientato a un’agricoltura più sostenibile, con un forte recupero di quella tradizionale, appartenuta ai nonni. Come dire: un grande avvenire dietro le spalle. Con questa strategia si è trasformato anche l’ambiente, diventato in parte oasi privilegiata per alcune specie animali: è tornata ad abitare la “lycaena dispar”, una farfalla il cui bruco si nutre delle essenze seminate. Ma il capolavoro naturalistico è senza dubbio un laghetto, 68 metri quadri, curato da Riccardo Cavalcante, esperto di biodiversità: in quelle acque dimora la testuggine palustre europea, tartarughina rarissima che quando nasce è grande come l’unghia di un pollice.
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