Obiettivo riso: Igp Valle del Po e accordi con Grande distribuzione

Obiettivo riso: Igp Valle del Po e accordi con Grande distribuzione

di Gianfranco Quaglia

Due lettere per smuovere le acque stagnanti, anzi il riso. Sono dell’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero, che dopo l’invito al mondo industriale della trasformazione a sedersi a un tavolo e rivedere i prezzi pagati ai risicoltori, ora si rivolge direttamente anche alla GDO (grande distribuzione organizzata). E al tempo stesso invia un sollecito al collega della Regione Lombardia, l’assessore Giovanni Fava, per rilanciare un anoso progetto rimasto nel cassetto: la Igp del riso Valle del Po.

Due mosse che hanno lo scopo di scuotere la filiera precipitata da mesi in una grave crisi a causa delle improtazioni concorrenziali e la mancanza di marchi ch possano tracciare il prodotto. In attesa che Bruxelles si pronunci sulla richiesta dell’etichettatura, avanzata dall’Italia, Ferrero cerca di stringere i tempi e andare oltre. L’esigenza di stringere presto un patto con la GDO nasce dall’esempio e dai buoni risultati raggiunti in un altro settore, quello lattiero-caseario, con il latte piemontese “Piemunto”. Adesso il tentativo è con il riso: “Vogliamo attivare una campagna – dice – che favorisca la conoscenza presso il consumatore di quello piemontese. Non si può dimenticare che il Piemonte è di gran lunga la regione con la maggiore superficie e il numero di aziende di tutta l’Unione europea. Ma c’è troppa confusione sul mercato: spesso i consumatori credono di acquistare, dietro ai marchi nazionali, sempre produzioni di riso italiano. Purtroppo solo le confezioniche lo evidenziano chiaramente danno la garanzia della provenienza”.

Da qui la proposta di una campagna con la grande distribuzione che “indichi i luoghi, la storia, la cultura e le buone pratiche con cui oggi viene prodotto il riso. Come Regione Piemonte siamo disponibili ad accogliere suggerimenti e a concordare iniziative comuni pe rportare a vera dignità uno dei prodotti più straordinari dell’agricoltura piemontese”.

Ma per raggiungere questi risultati – sostiene Ferrero – c’è bisogno anche di marchi. In un Piemonte ricco di denominazioni d’origine l’unico riso caratterizzato è la Dop Sant’Andrea di Baraggia. Tutto il resto è anonimo. Ecco che torna di forte attualità iol progetto della IGP “Riso della Valle del Po”. Un’idea lanciata tra il 2002 e il 2006 Andrea Desana di Casale Monferrato, allora direttore di Coldiretti Vercellie Biella. Desana, coordinatore del Comitato promotore di cui faceva parte anche Sergio Suardi (Cia Novara), si battè per raggiungere quel traguardo, condiviso oltre anche da Cia e Confagricoltura delle sei province risicole italiane, dall’associazione dei mediatori e Airi (Associazione nazionale degli industriali del settore). Complessivamente 24 soggetti sottoscrittori. “Di più – ricorda Desana – : in quegli anni l’Associazione risicoltori piemontesi (con sede a Vercelli, presidente Silvano Saviolo), aveva confezionato un sacchetto denominandolo “Sorriso del Piemonte – riso della Valle del Po”. Quindi ora c’è òa prova storica dell’utilizzo pubblico e commerciale di questa denominazione e si può, a mio avviso, riprendere il discorso”.

Nei giorni scorsi l’assessore regionale Giorgio Ferrero ha inviato una lettera all’assessore Fava della Regione Lombardia, invitandolo ad agire insieme per arrivare alla Igp. Nell’ultima riunione della Consulta del riso il tema è tornato di attualità: il presidente dell’Ente Nazionale Risi, Paolo Carrà, ha comunicato ufficialmente che inviterà gli uffici del suo ente a riprendere in mano la questione della IGP Valle delPo, impegnandosi a organizzare un incontro sul tema.

risopiemontese

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