di Gianfranco Quaglia
A Fieragricola di Verona ci sarà anche un’area di volo dedicata ai droni nel quadro di Dronitaly, manifestazione rivolta a questi strumenti professionali per uso civile, utilizzati nel settore dell’agricoltura di precisione. Un passo quasi dovuto, che sottolinea il futuro del settore agricolo. Ma sarebbe riduttivo affermare che questa innovazione risolve i problemi di un’agricoltura, quella italiana, assediata proprio in questi giorni da fattori esterni che condizionano lo sviluppo. Gli attacchi al made in Italy sono una riprova, a cominciare dalle massicce importazioni di riso provenienti dal Sudest asiatico con una frequenza esponenziale inarrestabile, tanto che Confagricoltura ha lanciato un appello anche a Federica Mogherini. Per non parlare delle importazioni di olio d’oliva in arrivo dalla Tunisia, con un aumento del 520 per cento. A questa cifra impressionante ora si aggiunge il via libera della Commissione internazionale del Parlamento Europeo che ha concesso altre 35 mila tonnellate di olio tunisino a dazio zero nell’area Ue, che a loro volta si assommano alle attuali 56.700 tonnellate, sempre tax free,già previste dall’accordo di associazione Ue-Tunisia. Insomma – come denuncia il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo – la nostra agricoltura è diventata merce di scambio. L’ultima parola spetta ora all’assemblea plenaria del Parlamento europeo. Un altro pericolo ci arriva dal vino: anche qui la Commissione europea ha avanzato l’ipotesi di una liberalizzazione delle etichette. In altre parole: non farebbe più fede il luogo di produzione, ma il vitigno ovunque si coltivi, e così i viticoltori tedeschi, francesi, spagnoli potrebbero etichettare Barbera, Barbaresco, Gattinara, Montalcino ecc. Una trovata contro la quale si sono levati i nostri produttori e il ministro Martina.
Infine, ma non ultimo, il caso del miele. Nel 2015 per ragioni climatiche la produzione interna è stata dimezzata e l’incremento delle importazioni ha subito un’impennata: si calcola che un barattolo su tre arrivi dall’Est europeo o dal Sudamerica. Ecco perché non basta un drone per fare primavera sull’agricoltura italiana.
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