di Gianfranco Quaglia
Apparteneva a quella rara schiera di persone che sanno, sanno fare e fanno sapere. Marco Trivelli ci ha lasciati nella notte del Venerdì Santo, a 59 anni. Il cuore, che gli aveva dato tanto e agli altri ancora di più, ha ceduto di schianto. Abitava con la moglie e la figlia a Gozzano, sulle rive del lago d’Orta. Era arrivato da Tortona e lascia un vuoto grande. Novarese d’adozione, ma senza confini nel suo agire, era responsabile del settore comunicazione e marketing della Igor, l’affermata industria del gorgonzola in provincia di Novara, di proprietà della famiglia Leonardi. Un’icona nel settore agroalimentare, un marchio riconoscibile non solo sul mercato specifico, ma anche nello sport e in numerose altre attività collaterali e sociali. Marco aveva contribuito a diffonderlo, vivendo con intensità e partecipazione un’esperienza cui si era accostato quasi in punta di piedi alcuni anni fa, dopo una vita trascorsa nel mondo dell’editoria. Si era appassionato subito e il suo cammino trasformato in una corsa, accanto ai fratelli Leonardi, con i quali condivideva l’entusiasmo del fare.
Aveva il «footprint» del divulgatore e del comunicatore nel dna, affinato sul territorio come responsabile di Publikompas prima e di Publitime poi, nella ricerca della pubblicità per «La Stampa». Non era solo un procacciatore, ma il suggeritore discreto che sapeva interagire con i giornalisti, sempre nel rispetto dei ruoli, finalizzando il suo lavoro a un obiettivo comune: informare il lettore e promuovere il territorio.
Amava la terra che lo aveva accolto, sapeva coglierne l’attimo, le eccellenze. Come quelle dell’agroalimentare che lo avevano conquistato per la loro potenzialità. Lui sapeva guardare oltre e pensava a Expo 2015, alle opportunità da sfruttare. Si era gettato a capofitto nella sua nuova avventura della Igor che lo portava a confrontarsi con chef stellati, operatori e buyer internazionali, esponenti del mondo fieristico. Aveva fondato una nuova agenzia di pubblicità e comunicazione, «Centromedia». In seguito, diventato giornalista, il mensile «Noi», da lui stesso diretto: su quel giornale, cartaceo e online, i settori del food e dell’arte hanno avuto un ruolo di primo piano. Per lui non valeva il detto «good news is no news» (buona notizia non è notizia). Pochi giorni prima di andarsene ci aveva raggiunto al telefono: «Ho partecipato a un incontro di tutte le confraternite enogastronomiche d’Italia, bellissimo. Appena posso te lo scrivo…». Non ha fatto in tempo. Ma ci restano le parole e i colori della festa, come quelli della vita di Marco.
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