di Gianfranco Quaglia
Si chiama «Shop and eat by the colours». Traduzione: fai la spesa e mangia con i colori. Il progetto arriva dalla generazione 2.0, che non si può dire anziana, ma si sente già responsabile è si è dedicata a una fascia di età ancora più giovane, quella che frequenta le elementari, trasformandosi in tutor e «peer educators» alimentari. All’Istituto alberghiero «Ravizza» di Novara sono convinti che l’educazione a tavola debba cominciare dai banchi di scuola. Parola di futuri chef, maitre d’hotel, addetti alla ristorazione. Il messaggio è stato sviluppato attraverso «Comenius Project» che ha consentito un finanziamento europeo e coinvolto istituti superiori di Belgio, Germania, Polonia, Spagna, Turchia, con scambi di presenze ed esperienze.
La filosofia ispiratrice di questo progetto è la cucina del colore declinata sui cinque colori-madre alla base di una sensazione visiva. In altre parole: a tavola anche l’occhio vuole la sua parte, ma cominciando dalla scelta nell’acquisto dei cibi. E così la piramide della dieta mediterranea si compone di alimenti che corrispondono a una cromacità specifica, non casuale: ogni colore ha un suo significato finalizzato a completare il benessere attraverso un’assunzione di cibi equilibrati e salutisti. Il rosso (come la mela) fa bene alla memoria e previene il cancro; il giallo-arancio (carota) alla vista; il verde (avocado, spinaci, cavolfiori) è un benefico toccasana per le ossa e difensore del sistema immunitario; il viola (melanzane, more, mirtilli) stimola la memoria e il cuore. Il bianco (banane, cipolla) è consigliato per tenere sotto controllo il colesterolo e prevenire le neoplasie. Il consumo giornaliero: da 5 a undici porzioni di colori diversi, secondo una quantità individuale che corrisponde più o meno al palmo della mano. Il tutto accompagnato da una suggestione che sembra un gioco, ma in realtà diventa una regola di educazione alimentare: mangiamo l’arcobaleno. «Noi – dicono gli studenti – dobbiamo essere gli arcieri e i divulgatori del benessere». E per rendere più attrattivo il progetto sono stati coinvolti anche i ragazzi di un altro istituto cittadino, l’Artistico Casorati, che hanno tradotto su pannelli le proposte dei loro compagni futuri chef.
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