di Enrico Villa
In California nel 1888, 130 anni fa, un coccinoide arrivato dalla Australia distruggeva irreparabilmente gli agrumeti, provocando danni incalcolabili. Il dipartimento agricolo americano di allora cercò di correre ai ripari, inviando in Australia uno dei suoi agronomi con un compito preciso: trovare una coccinella in grado di uccidere e mangiare la “cugina botanica” che aveva provocato il disastro, e che anche stava dilagando in Europa. E l’antidoto in grado di arrestare l’insetto malefico fu individuato: la Robolia Cardinalis con una livrea colorata che ricordava gli uomini di chiesa, la quale arrestò la coccinella Icenya Purchese mangiandosela.
Era così nata la lotta biologica moderna che può fare a meno dei pesticidi, con un nome meno inquietante chiamati fitofarmaci, che adesso in Italia sono consumati nella misura complessiva di 130 mila tonnellate ogni anno, un po’ meno di anni addietro dove il livello dell’utilizzo era intorno alle 150 mila/160 mila tonnellate. Insistendo sulla lotta biologica attraverso gli insetti, gli esperti delle categorie agricole a livello internazionale e gli esperti della Fao annotano che con gli insetti antagonisti che divorano altri insetti è l’unico modo per vincere una battaglia epica, rinunciando ai fitofarmaci con un alto potere inquinante e di insidia della salute degli operatori i quali lavorano nell’ambiente. Il risultato, con metodi che presuppongono tecniche e conoscenze entomologiche, dovrebbe essere di circa il 100%. Grazie al parassitoide più specifico – questo è il nome biologico degli insetti famelici e amici delle coltivazioni – più di un tempo sono in corso programmi di contenimento dei parassiti che provocano disastri nei comparti della frutticoltura e della orticoltura, ad esempio per controllare il devastante ragnetto rosso.
La “cartina di tornasole” che testimonia la bontà della lotta biologica, si ebbe alcuni anni fa quando in Italia i boschi di castagno in collina e in montagna furono invasi dal cinipide galligeno che fecero temere la totale scomparsa di castagne e dei marroni, base per la pasticceria di eccellenza. Però fu scoperta l’efficacia del Toymus Sinensen. E questa fu quasi la fine del cinipide galligeno a causa del Toymus Sinensen.
Lo stesso accadde nella seconda metà dell’Ottocento e durante tutto il Novecento. Le grandi battaglie furono vinte con la lotta biologica nel 1902 nelle isole Hawaii, nel 1912, nel 1913 e nel 1956. In questi anni di metà Novecento, aumentò la sensibilità per il tema specifico della lotta ambientale rinunciando ai fitofarmaci. E finalmente nel 2009(CE 1607/2009) con un apposito regolamento il Consiglio Ue fissò le norme, in particolare per tutelare l’ambiente e la salute biologica e umana, affidando all’Efsa di Parma sia il controllo dei pesticidi nonché della lotta attraverso gli insetti. E i numeri statistici confermano il risultato dei metodi integrati (insetti famelici che divorano altri insetti) nonché pesticidi. A livello globale oggi, a quanto pare, i consumi di fitofarmaci si sono attestati complessivamente intorno al 33% circa, in effetti sotto forma di funghicidi, erbicidi i quali riguardano in larga misura le coltivazioni di riso, gli acaricidi per eliminare gli insetti molesti. Tutto il resto – questa è la speranza – è lasciato alla entomologia che contrasta i parassiti da disastro che riguardano la coltivazione del pero, oppure la Trichopria drosophilae per annientare la Drosophila suzukii, moscerino dei piccoli frutti.
Specialmente in Italia meridionale, dove la coltivazione dell’ulivo è essenziale e deve validamente contrastare le importazioni dalla Spagna e dai paesi africani mediterranei, ancora recentemente è nata l’esigenza di bloccare una mosca disastrosa e altri insetti che generano patologie le quali, per ragioni profilattiche, hanno prospettato da parte di alcune istituzioni la distruzione per legge delle coltivazioni, suscitando molte polemiche specialmente in Puglia. Tuttavia, proprio a causa della ecatombe di 130 anni fa in California, nel Novecento a Portici in Campania nacquero due scuole per la lotta biologica, sostenendo così il proposito di evitare i pesticidi. I capiscuola, quasi dimenticati da quanti non hanno dimestichezza con la lotta di insetti contro insetti, furono Antonio Berlese (1863/1927) e Filippo Silvestri (1873/1947). Entrambi studiosi di entomologia si interessarono della mosca dell’ulivo, approfondendo le cause delle morie californiane del 1888 negli agrumeti e adottando la lotta biologica con l’utilizzo della Robolia cardinalis. Ed entrambi con le loro ricerche quotidiane, in anni diversi scrissero capitoli forse fondamentali della entomologia, facendo a meno dei pesticidi che allora si affacciavano sul mercato, dando l’impressione che i prodotti di sintesi derivanti dalla chimica, al di là della natura, potessero risolvere tutti i problemi di infestazione patologica. Oggi la stessa speranza in parassitoidi antagonisti è riposta nella lotta contro la cimice cinese, in Italia in diffusione crescente dai primi anni Duemila e che devasta numerose coltivazioni cerealicole, da frutta e orticole.
Ma gli esperti di entomologia non hanno ancora individuato un insetto che faccia al caso loro e che anche in città aiutino a contenere la fastidiosa e puzzolente cimice cinese la quale, nonostante tutto, riesce a sopravvivere cercando il caldo nell’ambiente rurale o cittadino. Fino ad ora ricerche universitarie e tecniche nonché convegni non hanno aperto prospettive concrete sulla applicazione della lotta biologica. In realtà, tutte le coltivazioni attendono che si scopra un insetto parassitoide come fu in California nel 1888. Però l’incognita è anche un’altra: in natura c’è veramente questo insetto che aiuti a fare a meno dei pesticidi e che, all’un tempo, lasci indenni le colture?
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