Dal primo gennaio 2018 anche gli insetti, fino ad ora combattuti dai fitofarmaci, possono essere commerciati liberamente. Scarabei, camola della farina, farfalle e vermi del riso, formiche, locuste, camole del miele ricchi di proteine, potranno finire nei nostri piatti ed essere… gustati come accade in Oriente e nelle aree desertiche africane. Anche il nutrizionista Giorgio Calabrese e la moglie Caterina, tecnologa alimentare, se ne sono interessate a fondo. Hanno spiegato che l’alto tenore proteico degli insetti che giuridicamente dal 1° gennaio hanno mutato il loro destino domestico, è corretto. Ma hanno anche spiegato che questi stessi insetti possono essere accumulatori di sostanze contaminanti assorbite dall’ambiente e che, quindi, possono alla lunga fare male.
Il disco verde dei grilli, le formiche, le locuste, le camole fino ad ora combattute dall’uomo perché insidiano i cibi italiani conosciuti in tutto il mondo, in Italia sembrano in contraddizione con il corpo delle leggi e dei decreti attraverso le etichette obbligatorie assai gradite dai consumatori: latte e prodotti lattiero caseari, riso pasta e prodotti derivati, pomodori che trasformati affluiscono nei circuiti di vendita, prodotti di montagna che debbono avere l’etichettatura, come previsto e di competenza delle istituzioni regionali. Infatti il decreto statale sul latte e i prodotti lattiero caseari, promulgato il 19 aprile 2017 rimarrà valido, così come è, in modo sperimentale fino al 31 marzo 2019. Lo stesso avverrà per il riso il cui decreto di etichettatura entrerà in vigore il 12 febbraio 2018 e la pasta in vigore dal 13 febbraio 2018. Anche per il pomodoro, ampiamente usato nelle cucine del nostro Paese, per i prossimi due anni avrà vigore la sperimentazione. Poi si vedrà, tenendo d’occhio le importazioni soprattutto dalla Cina. Sostanzialmente gli stessi obblighi saranno in vigore per latte, riso, pasta: indicazione del paese di provenienza nonché di lavorazione del prodotto e della sua confezione. Per il latte sarà anche obbligatoria la indicazione del paese di mungitura e di condizionamento e di trasformazione sempre a difesa dei consumi, assai ampi per il latte e i formaggi non protetti dalla IGP e dalla DOP. In tutti i casi i controlli sono demandati ai carabinieri.
Una considerazione, in parte diversa, va fatta per il riso il cui decreto con l’obbligo di etichettatura entrerà in vigore il 12 febbraio con disposizioni vigenti applicate fino al 31 dicembre 2020. Le clausole da rispettare sono molto precise e indirettamente si riferiscono alla esportazione selvaggia da alcuni paesi asiatici: paese di coltivazione del riso e suo nome ben preciso; paese di lavorazione e/o trasformazione del cereale; paese di confezionamento con questa dicitura aggiuntiva, origine del riso, paese compreso. Anche per il prodotto specifico, ma vale per tutti gli altri, deve inoltre in qualche modo risultate il presunto sfruttamento dei lavoratori impiegati. In una nota tecnico-economica – la ennesima su questo argomenti specifico – Bruno Rivarossa, delegato regionale piemontese di Coldiretti rileva che sono aumentati del 736% rispetto al 2016 gli arrivi dalla Birmania dove le autorità locali hanno avviato a fine ottobre, la raccolta nei campi abbandonati dai mussulmani Rohingya in fuga dalla repressione dello stato occidentale del Rakhine e rifugiatisi nel vicino Bangladesh. E chiamando direttamente in causa la Comunità, Rivarossa così continua: Non è accettabile che l’Unione Europea continui a favorire la violazione dei diritti umani. La raccolta (di riso) riguarda poco più di 28 mila ettari a Maungdaw, la zono a maggioranza Rohigya nello stato di Rakhine, in Birmania che, nonostante l’accusa di pulizia etnica denunciata dalle Nazioni Unite, gode da parte dell’Unione Europea del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i paesi che operano in regime EBA (tutto tranne le armi). L’appello di Bruno Rivarossa alle riserie italiane, è il seguente: Adesso le industrie italiane dicano per trasparenza, giusta informazione e per far compiere una scelta etica a tutta la società da dove proviene il riso che importano alla luce di quanto avviene in alcuni paesi asiatici dove, alla criticità dei Rohingya, si stanno vivendo altre tensioni.
La stessa scelta, etica, traspare dalle cifre riguardante un sondaggio completo effettuato tempo fa dal ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Negli scaffali della grande distribuzione, il 96% dei consumatori pretende che sia scritto in modo chiaro e leggibile l’origine dell’alimento, e l’84% degli acquirenti insiste per sapere dove è avvenuto il processo di trasformazione dei diversi prodotti sottoposti alla etichettatura incominciando dalla prossima primavera. Non soltanto: 8 su 10 consumatori desiderano che nei prodotti prevalgano le materie prime italiane, che il 54% vuole il prodotto tipico italiano e che il 30% insiste sul biologico. Ultima pretesa che le imprese italiane non potranno più disattendere: per ragioni etiche, il 70% de consumatori vorrebbe negli stabilimenti alimentari gli standard di sicurezza, mentre 9 su 10 consumatori desidererebbero la sicurezza sugli standard di sicurezza nella trasformazione. La risposta nel 2018 appena iniziato dove, forse, potrebbe anche esserci l’invasione degli insetti commestibili.
You must be logged in to post a comment Login