di Gianfranco Quaglia
Sarebbe troppo semplice e riduttivo liquidare con un festeggiamento la celebrazione di un centesimo compleanno. Di solito si chiede al festeggiato il segreto di tanta longevità, la ricetta di quella lunga vita, poi segue la foto ricordo con lo stuolo di parenti, lo spegnimento delle candeline. Non è non sarà così per la Latteria Sociale di Cameri, arrivata al giro di boa del secolo di vita. Non lo avrebbe immaginato nel 1914 quel giovane agricoltore, Cesarino, che fece appena in tempo con altri allevatori a creare quella istituzione, di cui si sentiva il bisogno, prima di essere chiamato al fronte: e nelle lettere scritte in trincea e pervenute a casa emerge la preoccupazione l’ansia per lo svezzamento di quella «creatura» ancora da crescere.
Quella di Cameri, nel Novarese, non è soltanto la storia di una Latteria. E’ la testimonianza di una istituzione cooperativistica dell’agroalimentare, la più antica del Piemonte. L’esempio di una lungimiranza proiettata sino al Terzo Millennio, superando due conflitti mondiali, le crisi ricorrenti. E’ un caso di imprenditoria e coraggio di cui si avverte necessitò ai nostri giorni ed è per questo che la Latteria, dove si produce gorgonzola Dop di alta qualità, rappresenta un riferimento nel panorama non solo agricolo. Quella pattuglia di allevatori aveva veramente lo sguardo lungo per dare vita a un qualcosa che avrebbe lasciato un segno profondo nella vita socio-economica di tutto il paese. L’allevamento era il punto di partenza per coagulare attorno alla Latteria altri interessi e iniziative, allargando la platea dei soci al servizio di tutta la comunità. E così la «Cameri» divenne un laboratorio d’impresa, imprimendo una spinta al tessuto economico: non solo latte, ma anche un mulino per la preparazione dei mangimi, un forno per il pane, la vendita diretta, la condivisione di attrezzature agricole per la raccolta e la mietitura dei cereali, l’allevamento di suini. Oggi si direbbe: fare sistema in termini cooperativistici.
Tutto ciò fu realizzato tra il 1914 e il 1940, e c’è da immaginare non senza difficoltà, considerando le naturali ritrosie di ciascun allevatore cresciuto a difendere la propria stalla. Ma lì tutti riuscirono a superare la sindrome del campanile e gli individualismi, per mettere in comune ciascuno il proprio io e fare massa critica. Capirono che piccolo è bello, insieme è meglio. E’ la lezione di questa centenaria che guarda già al prossimo traguardo.
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