di Enrico Villa
Le piante hanno un’anima ? “No” – rispondono gli studiosi di fisiologia vegetale. E aggiungono: “Diversamente da quasi tutti gli appartenenti al regno animale, perché non hanno il cervello”. “Tuttavia – proseguono – hanno un linguaggio per farsi strada nella fissità del terreno. E per avvertire le comunità cui appartengono dei pericoli costituiti dai carnivori patologici, in genere insetti che combinano disastri quando aggrediscono gli apparati foliari e le altre parti essenziali per distribuire la linfa, trasformando la luce del sole, ugualmente essenziale, in energia”.
Il linguaggio è una realtà concreta
Quando parlano di questo aspetto scientifico ancora in gran parte inesplorato, sembra che i ricercatori universitari parlino della fantascienza, di mondi stellari lontani dalla terra o di Atavar, un personaggio che popola i nostri sogni, oppure che sfugge alla nostra normale comprensione. Invece, il “linguaggio delle piante” esiste e sarebbe una realtà concreta del mondo vegetale. Fino ad anni fa, questo stesso “mondo” apparteneva come riferimento agli studiosi di fisiologia vegetale come Federico Delpino (1833-1905) anche considerati un po’ visionari. Le loro ipotesi si collegavano alla “mitologia delle piante e dei fiori” cui la fantasia popolare agraria aveva attribuito storie affascinanti, o capacità curative. Le letterature greche e romane testimoniano questa tendenza del popolo a caricare di valori simbolici le piante e i fiori. Le “leggende dei nibelungi e del Nord Europa”, raccontando delle foreste e dei loro ospiti vegetali di fiori e muschi che hanno immaginato che gli alberi parlassero e soffrissero a favore dell’umanità, integrandola nei suoi bisogni fondamentali: la nutrizione e la difesa delle specie, in primo luogo. Il grano è diventato un simbolo intoccabile perché coltivandolo con razionalità risolve il problema della fame. E simbolicamente lo stesso accade per il riso che gli orientali narrano di un “gigante buono” spettatore di una drammatica carestia. Egli ,secondo la leggenda, allora strappò tutti i suoi denti, li gettò in uno stagno e i denti divennero abbondanti chicchi di riso. Anche nei matrimoni della civiltà rurale il riso, gettato addosso agli sposi, è diventato simbolo di fecondità e quale antidoto alla denutrizione, come in Oriente dove vivono miliardi di persone.
Non erano visionari
Poi, a metà degli anni Novanta, i fisiatri vegetali sono stati considerati sempre meno “visionari”. Ed è prevalso il loro ruolo scientifico di ricercatori che, quanto meno, tentano di provare con i fatti quello che hanno intuito. A Firenze, il Laboratorio di Neurobiologia Vegetale è stato potenziato e Stefano Mancuso ne è diventato il direttore. Pier Domenico Perata, suo collega in fisiologia vegetale che lavora alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, spiega in convegni e incontri qualificati (recentemente, come a Vercelli) la comunicazione piante-animali e pianta-pianta nei nostri boschi e nei nostri campi produttivi. Convegni sono anche stati proposti dall’Accademia dei Georgofili dedicata ai composti organici volantili biogenici, in linguaggio scientifico meglio conosciuti come BVOC. Le piante se ne servono come veicolo per mandare messaggi da un albero all’altro. Le note illustrative, aumentate in questi ultimi anni, spiegano che la scoperta più interessante viene dalla Germania, precisamente dal Max Planck Institute for Chemical Ecology di Jena. I suoi ricercatori, con la collaborazione di altri istituti, hanno tentato di accertare che le piante “colloquiano fra di loro” soprattutto disposte ad “ascoltare”, come a volte anche sostiene la tradizione popolare. Il linguaggio delle piante, di cui non si conosce ancora il vocabolario, sarebbe anche basato su impulsi elettrici che, in qualche modo, riguardano acqua, luce, sali minerali. A quanto pare, i vegetali lanciano con impulsi elettrici e messaggi sotto forma di gas “allarmi”, secondo numerosi ricercatori, pur immobili sviluppando la tendenza alla competitività. L’ombra è avversata da una pianta che cerca di attrezzarsi per conquistare la luce a danno di una vicina. Riferendosi al “vocabolario della chimica” usato dai vegetali, appunto per comunicare “allarmi” “e “avverimenti”, in una recente intervista, il professor Mancuso ha commentato: “studiare queste molecole ci farà capire molto sulla comunicazione vegetale”.
Studio finanziato dall’UE
Su indicazione dello stesso professor Stefano Mancuso e del suo istituto universitario fiorentino, l’Unione Europea ha condiviso le ricerche sul linguaggio delle piante, e a maggio 2012 ha finanziato lo studio con un milione e mezzo di euro. Una prima conclusione a breve. Il piano riguarda anche l’elettronica e l’informatica. Sulle cortecce degli alberi, o in pieno campo, sono sistemate “scatolette decodificanti”. Come accadde quando si decifrarono i caratteri dell’antico Egitto, le scatolette dovrebbero darci lo schema in base a cui comunicano i vegetali. Una commentatrice scientifica ha ipotizzato che se i tentativi riusciranno, si potrà parlare, forse un po’ fantasiosamente, di “Greerinternet”. I segnali captati avvertiranno della aggressione degli insetti voraci e del mancato rispetto da correggere dell’ambiente, da sempre il regno dei vegetali i quali, come i fiori, usato il profumo non per far piacere a noi, bensì per attrarre gli insetti benefici. Il loro compito, in realtà, è di impollinare e aiutare a riprodursi i vegetali fermi nei campi.
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