“Per formare un buon cane sono necessari circa quattro anni. Quaranta per il padrone”. E’ la teoria, ma anche la consapevolezza di Riccardo Bonando, erede dei cercatori di tartufi del Piemonte. Poco più che trentenne, si potrebbe definire un “millennial trifolau”. Mestiere d’altri tempi, ma anche attualissimo, considerata la richiesta per i tartufi, questi “diamanti” di cui la terra piemontese è ricca. Riccardo, che è anche un campione di tambass (il tamburello), si racconta così: “Sono figlio di agricoltori, mi sono laureato in economia e commercio a pieni voti. Un giorno ho detto ai miei genitori che avrei voluto continuare nella passione che il nonno mi aveva trasmesso, da quando, bambino, mi portava con sé alla ricerca di tartufi su e giù per le colline del Monferrato”. Siamo a Villamiroglio (Alessandria), vigne che dopo la vendemmia si colorano d’autunno. E’ tempo di tartufi, con o senza il cane. Riccardo andava con il nonno nelle mattine fredde alla ricerca di “trifole”. E dal nonno ha ereditato l’intuito, il colpo d’occhio, l’amore per la terra e i suoi frutti più preziosi e nascosti. Ha imparato il rispetto per il territorio, la pazienza, la speranza e la gratificazione. Tutte doti che si sperimentano e crescono con gli anni. Quando ha espresso che quello del cercatore di tartufi sarebbe diventato il suo obiettivo, anzi la professione, i genitori lo hanno guardato con un po’ di stupore. Poi hanno capito. Riccardo Bonando non è soltanto un “trifolau”, perché i tartufi non ci sono tutto l’anno. Occorre aspettarli e nell’attesa il dottore in economia coltiva ortaggi, altra attività parallela che serve al reddito dell’azienda agricola. Ma è adesso, l’autunno-inverno, la stagione in cui Riccardo esce all’alba, sfida il freddo come faceva il nonno e tiene in vita quel mestiere che non ha bisogno di scuola. Solo di grande passione e esperienza.
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