di EnricoVilla
In Piemonte, dopo un quinquennio – incominciando dal 2009, data della Legge ad hoc – esiste solo l’1% delle aziende che sono in in rete, iscritte al registro camerale regionale. Commenta Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere Piemonte.”Il sistema piemontese sembra poco propenso a servirsi di questo sistema”. In termini diversi, più pratici: le aziende della Regione Piemonte non hanno ancora apprezzato il sistema strategico di aggregarsi, in parte o completamento, con la rete di imprese costituita per catturare le innovazioni. E, come vedremo, anche il mondo agricolo è in una posizione arretrata: l’1% delle aziende operanti che, più di un tempo, debbono affrontare il mercato della globalizzazione, utilizzando collettivamente il marketing e le strutture per andare al di là delle antiche tradizioni della individualità d’impresa.
Aderiscono solo 1,3 aziende su mille
La realtà immobile lunedì 16 novembre con uno studio è stata evidenziata da Unioncamere piemontese: 1,3 imprese ogni 1.000 registrate, che hanno significato, dalla promulgazione della Legge sulle reti e le aziende partecipanti, nel 2009, solo 584 imprese piemontesi e soltanto 211 contratti di rete. Guida la mini-svolta organizzativa il Verbano Cusio Ossola. Seguono Cuneo, Novara, Asti, Vercelli, Alessandria, Torino, Biella. Territori industriali storici con la necessita di svecchiarsi, sono andati per la loro strada consueta, in genere ignorando quanto è giuridicamente offerto dalla legge n. 33 del 9 aprile 2009, varata dal Parlamento italiano per affrontare la crisi incipiente che non è ancora del tutto finita. Essa, secondo il legislatore con integrazioni successive durate fino al 2003/2014, ha messo a disposizione strumenti moderni e tali da dare contenuti alle aziende senza violare con i contratti di rete la loro autonomia: marchi comuni per affrontare il problema dell’offerta in un mercato sempre più difficile; nell’ambito delle filiere, le politiche dei prezzi; i gruppi di acquisto per aumentare il potere contrattuale dei produttori; maggiore connessione nel contesto delle filiere; piattaforme logistiche, con i contratti di rete rispettando l’autonomia di ogni azienda, o mettendo in comune particolari progetti strategici. La letteratura prodotta dal 2009 e dedicata alle reti di impresa e ai contratti, ha anche affrontato il comparto agricolo. E le ricerche hanno esaminato anche la possibilità di utilizzare i piani di sviluppo rurale, per il Piemonte appena approvati dall’Unione Europea. Nel caso specifico, l’alleanza stretta fra pubblico (Regione Piemonte) e reti di imprese legate da contratti, faciliterebbe le strategie fra più aziende, aiutandole, nel contempo, a sviluppare lo sviluppo rurale, aiutandole inoltre ad emergere effettivamente nel conteso di mercato.
Situazione deludente
Nell’ultimo biennio, Confagricoltura di Vercelli-Biella, guidata da Paolo Carrà attuale commissario governativo dell’Ente Risi, ha dedicato alle reti e ai contratti di rete alcuni convegni di studio. Gli aspetti salienti della particolare materia sono stati sviscerati anche con testimonianze della Toscana, secondo Uniocamere pemontese al terzo posto in Italia con circa il 2% delle aziende. Il racconto dei protagonisti toscani sulle reti di azienda e relativi contratti hanno attratto. Però, come evidenziato da Unioncamere, la percentuale delle adesioni non si è mossa dall’1%. Secondo i sostenitori della rete, in pochi anni proprio in funzione dei più dinamici piani di sviluppo rurale, la percentuale dovrebbe tendere verso il 4/5% delle aziende operanti nei territori regionali.
Tutto sommato, e stando ai dati statistici, la situazione è abbastanza deludente in Piemonte (e a Torino) con la regione agli ultimi posi in Italia: con l’!,3% per ora rispetto alle imprese iscritte ai registri camerali. Non solo l’agricoltura, come abbiano accennato, bensì il commercio (0,6%) e il turismo (05%) che in una rete potrebbero integrarsi all’agricoltura con l’ alberghiero e con i programmi turistico-agricoli. Però – e Unioncamere Piemonte lo ricorda – lo scenario in Italia non è più confortante: guida l’Abruzzo con il 4,5% assieme alla Toscana, alla Lombardia e al Veneto. Complessivamente, in Italia mediamente solo il 2% delle aziende ha scoperto che la rete e i suoi contratti danno effettivi benefici. La situazione, all’indomani della Legge n.33 del 2009, era ancora peggiore. Soltanto un pugno di imprese (meno di 1.000) credette alla rete. E nella rete, indipendentemente dalle impostazioni tradizionali, con qualche successo si mise a costruire un nuovo tessuto economico disteso in più regioni anche confinanti.
You must be logged in to post a comment Login