di Gianfranco Quaglia
La strada del riso parte da lontano, parla la lingua degli avi, ci porta a ripercorrere i sentieri della memoria, scuote l’indifferenza e la distrazione della città. A volte basta una curva a 180 gradi, una virata per accorgersi che il mondo dei nonni vale la pena di rispolverarlo e proporlo come «pacchetto» turistico, ma soprattutto come modo di essere e vivere. Utopia? No, può accadere. E’ accaduto anche ad Alice Cerutti, che viveva sotto la Mole di Torino e della città sabauda ha conservato lo stile sobrio, la determinazione e l’accento. Laurea in economia e commercio, master negli Stati Uniti, lavoro nel settore marketing alla Ferrero di Alba. Tutto sembrava segnato, una brillante carriera spalmata e permeata di Nutella. Invece, a un certo punto, il tuffo l’ha preferito compiere fra le risaie del Vercellese, nella vecchia azienda di famiglia. La voglia di cambiare vita si è intrecciata con il desiderio di diventare imprenditrice. E da lì il salto per promuovere la risaia, sdoganandola dallo stereotipo di «Riso amaro».
Ed ecco Alice al vertice dell’Anga (Associazione nazionale giovani agricoltori) di Vercelli, in prima linea a proporre una risaia diversa. Con Gabriele Varalda, dirigente del settore agricoltura della Provincia, ha inventato «La strada del riso vercellese di qualità»: lei presidente, lui direttore tutt’altro che burocrate, motivato a rispolverare storia, valori, umori e gente, per trasmetterli e richiamare i turisti del terzo millennio in un’area che sembrava improbabile. Alice e Gabriele hanno voluto creare sinergie fra agricoltori, ristoratori, custodi del territorio. L’altra sera li hanno portati a Torino, per regalare una magia attrattiva nella città sfavillante di luci natalizie. Alice (nella foto con Gabriele Varalda) parla al cuore della gente: venite tra noi, vi faremo vivere emozioni antiche, perché la strada è una rete di persone e di volti. Ma anche di cascinali riattati e diventati musei a cielo aperto, dove la storia del riso diventa racconto e tramanda antichi riti e gesta di uomini: il Cavour che trasformò la pianura con il suo canale, Thomas Jefferson futuro presidente degli Stati Uniti che nel 1785 venne in Piemonte, rubò manciate di Nostrale, il riso dell’epoca, ammaliato della sua qualità, per seminarlo in Carolina sfidando la pena capitale prevista dal regno sabaudo per chi contrabbandava il prezioso cereale. Tutte queste storie vi saranno raccontate da Mario Donato, un uomo che incarna la risaia e ne è diventato il cantore facendo da cicerone ai turisti delle terre d’acque.
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