Il sito della birreria Sant’Andrea di Vercelli sta anche diventando letterario, come le birrerie bavaresi e cecoslovacche. Lo scrittore novarese Simone Sarasso – 37 anni e all’attivo altri romanzi e saggi storici, presentazione del critico letterario Guido Michelone – ha deciso di parlare in anteprima del suo libro Aeneas che in una chiave moderna racconta la vicenda dell’eroe di Itaca. Soltanto quindici giorni prima a Caresanablot, qualche chilometro da Vercelli e nell’impianto fieristico che si presta per queste manifestazioni compresa la Fiera in campo dei giovani agricoltori, si è svolto il secondo festivalnazionale delle birre artigianali. Seimila litri consumati dai visitatori e 2.500 bottiglie vendute che riassumono la produzione di eccellenza dei micro birrifici. Essi, riprendendo le caratteristiche che si stavano perdendo avendo le distillerie industriali altri ritmi e obbiettivi, in Italia stanno diventando un preciso riferimento economico, tale da influenzare l’export del nostro Paese. Non solo. In preparazione, il 1° maggio dell’Esposizione 2015 a Milano/Rho, associazioni come il Kiwanis International (quello di Vercelli presieduto dall’informatico Piero Castello) hanno dedicato molta attenzione alla via lattea dei microbirrifici nel rapporto quotidiano con i cibi ai quali sono interessate particolarmente le giovani generazioni.
Fulvio Giublena, anche parlando del microbirrificioElvo di Graglia nel Biellese, che prende nome da un torrente, è un sommelier che non fa differenze fra vino e birra, spiega: “Ormai in Italia i birrifici artigianali sono circa 800, una trentina in Piemonte con localizzazione a Torino e nelle altre province della Regione. E i mastri birrai italiani, pur essendo la materia prima diversa, per produrre hanno sempre più come riferimento i mastri cantinieri del vino”. Giublena, che oggi vive a Roppolo affacciato sul lago di Viverone e collabora con la moglie in una cantina da vino dalle quali escono bottiglie altrettanto di eccellenza, ha rapporti stretti con Slow Food fondato da Carlin Petrini e che ha riscoperto le birre artigianali le quali sono in grado di affrontare il difficile mercato di intenditori. Una prima considerazione. Le birre anche in Italia offerte al mercato dai mastri birrai, appartengono di diritto al comparto agroalimentare, secondo la regola in vigore in tutta Europa essendo così prodotte: orzo, o altri cereali, acqua, lieviti, luppolo un rampicante le cui bacche sono una miniera di elementi chimici positivi che danno alla birra l’amaro del gusto, disinfettandola dai batteri negativi. Una seconda considerazione sulla quale si stanno soffermando gli studi economici periodici di grandi banche europee: l’industria birraia annualmente esporta 1 milione 900 mila litri di birra; e 20.000 litri provengono dalle distillerie artigianali contribuendo a sostenere validamente il pil nazionale. Una terza considerazione: le aziende industriali italiane di birra sono circa 500 che assicurano il lavoro a 136.000 persone, stando ai dati dell’Assobirra aderente a Confindustria. Tuttavia, dall’autunno scorso il Governo ha imposto sulla birra accise consistenti, sicché un sorso su due della bevanda gradita da 135 milioni di italiani se ne va in tasse. Anche queste cifre sono di Assobirra che ha avviato una campagna di tutela del settore, appunto con questo slogan: La tua birra. Un sorso su due se lo beve il Fisco.E con questo obbiettivo: l’abolizione delle accise che secondo Assobirra come in Inghilterra deprimerebbero grandemente il settore, vanificando la sicurezza per i dipendenti delle 500 imprese birraie.
Secondo i cultori – e sono tanti, a giudicare dalle manifestazioni – della bevanda e della loro produzione, anche la storia e la tradizione soprattutto dell’ Ottocento, giustificherebbero lo schieramento a favore del comparto. La birra derivata dalla fermentazione dei cereali, orzo in particolare, era una bevanda preferita dai sumeri e dall’antico Egitto. La bevanda si impose in epoca medioevale dovuta ai monaci conventuali, tanto che alcune birre sono catalogate come trappiste per indicare la loro antica provenienza. Poco dopo l’anno Mille, la suora erborista conventuale Hilsedaud von Biggen (1098/1179) scoprì le mille virtù chimiche del luppolo che divenne un ingrediente fondamentale delle birre. In Italia nel 1847 l’agronomo emiliano Gaetano Pasqui utilizzò ancor più nella sua birreria il luppolo che tuttavia non era conosciuto dai romani i quali impararono ad apprezzare la bevanda dai greci e, poi, dagli etruschi. L’alluvione di birre in Europa arrivò con le invasioni barbariche e con gli uomini del Nord per cui la birra, anche apprezzata da Giulio Cesare, era una imprescindibile bevanda nazionale, sia in Germania, nell’ area vichinga e in Inghilterra.Però nel 300 d.c. l’imperatore Giuliano l’Apostata stroncò la birra così: il vino profuma di fiori, la birra puzza di caprone. Nell’Ottocento e nel Novecento della battuta sferzante di Giuliano non se ne tenne conto, tanto che anche negli USA gli homebrewers, gli appassionati di birra, fondarono le prime micro birrerie. Da allora le birrerie artigianali sono una cospicua realtà economica.
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