di Gianfranco Quaglia
Quando abbracciava con lo sguardo l’arco alpino, dal Monviso sino al massiccio del Rosa e oltre, incrociando il profilo dei rilievi monutosi che si stagliavano a Oriente, Sebastiano Vassalli andava con il pensiero e i ricordi alle Dolomiti, le “sue” Dolomiti, le montagne e le valli dove aveva ambientato il romanzo “Marco e Mattio”, in Val di Zoldo. Era la narrazione di uno dei primi casi clinici della psichiatria moderna.
Ci ha lasciati il 26 luglio 2015 l’autore de “La Chimera”, nell’anno in cui era stato indicato fra i possibili vincitori del Nobel per la letteratura. E la Val di Zoldo, proprio nell’anniversario, ha voluto dedicare allo scrittore novarese che veniva dal mare (originario di Genova) una mostra, a cura di Roberto Cicala (Edizioni Interlinea e presidente del Centro Novarese di Studi Letterari) e Valentina Giusti, che ricostruisce l’origine di “Marco e Mattio” attraverso carte preparatorie, appunti e corrispoondenza inedita. Dal Comune di Val di Zoldo, che già aveva conferito la cittadinanza onoraria allo scrittore scomparso, la mostra sarà esposta successivamente a Longarone, Belluno, Venezia.
Legato alle Dolomiti, ma profondamente connaturato con la risaia, nella cascina Marangana di Biandrate, dove domina il silenzio appena rotto dal volo di aironi e Ibis del Nilo: l’habitat che gli era più congeniale per meditare e scrivere, sempre sulla Olivetti portatile, mai con il pc. Un telefono, un cellulare con numero molto riservato, un fax, uniche concessioni tecnologiche che aveva accettato. In cortile un omaggio agli abitatori più numerosi e fastidiosi della risaia, le zanzare, opera dello scultore-amico Giovanni Tamburelli.
Tutto è rimasto immutato, ma all’interno dell’ex canonica trasformata in abitazione da Vassalli il lavoro ferve come se lui fosse presente. Attraverso la ricomposizione e la catalogazione della sua biblioteca, dei ricordi, corrispondenze, documenti, ritagli di giornali, recensioni. Soprattutto tanti appunti, suoi e di altri esponenti del mondo letterario ed editoriale, con i quali era entrato in contatto durante l’intensa e lunga attività. Paola Todeschino, vedova di Sebastiano, segue passo passo l’evolvrsi della ricomposizione affidata al Centro Novarese Studi Letterari. Il progetto, “Archivio Sebastiano Vassalli”, potrebbe essere terminato entro il 2020, cinque anni dopo la scomparsa, e sfociare in un catalogo con tutti i riferimenti che riguardano il patrimonio culturale conservato alla “Marangana”. “Saranno 5-6 mila volumi – dice la signora Paola – senza dimenticare la biblioteca che Sebastiano amava custodire in giardino. Al termine dell’ordinamento avremo una casa-museo, quella che lui stesso aveva iniziato e amava tanto”.
Ma non sarà fine a se stessa. La “Marangana” di Vassalli diventerà un centro di cocnsultazione pubblica, a beneficio di studiosi e di quanti (soprattutto i giovani) vorranno consultare questo patrimonio unico in mezzo alle risaie, nel ricordo del suo ultimo grande cantore.
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