di Gianfranco Quaglia
Le forti nevicate dei giorni scorsi basteranno ad allontanare lo spettro della siccità e della carenza d’acqua, incubo della scorsa estate? Forse. La prudenza è di casa nei templi delle acque irrigue, Est ed ovest Sesia, che nel 2017 hanno dovuto fare i conti – per l’ennesima volta – con le difficoltà nelal sommersione delle risaie. L’ingegner Roberto Isola, direttore generale di Est Sesia, non si sbilancia, preferisce prevenire, lancianod appelli alla “virtuosità” dei risicoltori. In questo senso va inteso il vertice che si è tenuto nei giorni scorsi a Novara, organizzato dalla Coutenza Canali Cavouir (che ha sede alla Est Sesia) per guardare alla prossima, imminente stagione e alle misure da adottare per non farsi trovare impreparati. La questione non è soltanto riconducibile all’approvvigionamento idrico, alla mancanza di bacini che trattengano l’acqua piovana e ne facciano riserva. Il tema è più vasto, riguarda anche la stessa sopravvivenza di un habitat e dell’equilibrio idrogeologico di tutta la Pianura Padana. Senza un’irrigazione concertata, con una risaia sempre più declinata alle semine interrate (in asciutta) c’è il rischio forte di una trasformazione del territorio. Per questo il summit con i consorzi di irrigazione e bonifica piemontesi e lombardi operanti nel comparto risicolo, l’Ente nazionale Risi e le associazioni di categoria agricola, l’impatto sui comprensori irrigui della diffusione della pratica del riso seminato non con la tradizionale tecnica della sommersione è stato al centro del dibattito. L’ingegner Alberto Lasagna ha proiettato una serie di grafici che dimostrano come l’acqua distribuita per la coltivazione del cereale, dopo circa novanta giorni determina, in assenza di piogge, un incremento di portata molto significativo lungo l’intera asta del Po, contribuendo a limitare gli effetti delle ricorrenti siccità estive. In altre parole: l’acqua utilizzata nelle camere di risaia va a rimpinguare le falde, alimenta i fontanili, viene riutilizzata e soltanto alla fine di questo lungo processo finisce al fiume e all’Adriatico. Esattamente l’opposto dello stereotipo secondo cui la risaia è la principale colpevole dei consumi idrici. Ma sempre di più i produttori sono inclini alla semina in asciutta, meno costosa e più propizia al controllo delle infestanti. Salvo poi ricorrere alle bagnature, tutte concentrate in poche settimane e nel momento in cui anche altre coltivazioni (ad esempio il mais) richiedono un apporto notevole di acqua.
Da qui l’appello a tornare al passato. Così a Novara è stata sottoscritta la “Carta della risaia virtuosa”, documento che va in senso contrario rispetto alle tendenze in atto. E’ un documento che si rivolge alle autorità competenti con una serie di misure per gestire, in accordo con il mondo agricolo, il diffondersi della tecnica della semina interrata. Prevede strumenti di monitoraggio e proposte per specifiche misure di sostegno al reddito degli agricoltori che praticheranno la virtuosa tecnica antica, quella tradizionale della sommersione. Un premio per chi ritorna al passato. Il testo sarà inviato ai Ministeri e alle Regioni (Piemonte e Lombardia) per attivare, nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale, misure di sostegno. “La tradizionale tecnica della sommersione – prosegue Isola – è l’elemento che più favorisce la ricarica delle falde e quindi la restituzione delle portate nel Po”. All’incontro, aperto da Giuseppe Caresana e Roberto Isola, presidente e direttore di Est Sesia, hanno partecipato i rappresentanti di Ovest Sesia, del Consorzio Est Ticino Villoresi, del Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese, della Coutenza Canali Lanza, Mellana e Roggia Fuga, dell’Ente Nazionale Risi e delle Associazioni Sindacali di Categoria delle province di Vercelli, Biella, Novara e Pavia.
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