di Gianfranco Quaglia
Da Vercelli a Bruxelles: sono giorni decisivi per il futuro del riso italiano. E’ partita la corsa finale verso un traguardo inseguito da quasi cinque anni: l’applicazione della clausola di slavaguardia con il ripristino dei dazi all’import del riso in arrivo dal Sudest asiatico (in particolare Myanmar e Cambogia, che fruiscono delle concessioni tariffarie tax free accordate dall’Ue per agevolare i Paesi Meno Avanzati). Il meccanismo ha danneggiato fortemente la risicoltura europea, soprattutto l’Italia, Paese leader del settore. La lunga battaglia intrapresa dalla filiera risicola alla fine ha convinto la Comissione europea, soprattutto per quanto riguarda il mancato rispetto dei diritti umani in quei Paesi concorrenziali, dove le concessioni non hanno portato alcun beneficio ai produttori, ma solo alle multinazionali del riso. Adesso si tratta però di compiere l’ultimo scatto: la decisione finale dovrà essere presa a Bruxelles dove, lunedì 19 novembre, si tiene il Consiglio Agricoltura dell’UE, al quale partecipa il ministro italiano Gain Marco Centinaio. Il 4 dicembre voto da parte del Comitato tecnico Sistema di Preferenza Generalizzato.
Vercelli, capitale storica del riso, lancia la corsa finale. Nei giorni scorsi l’arrivo in città del presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani. Ora è Coldiretti Piemonte, con il suo presidente regionale Roberto Moncalvo, a chiamare a raccolta. Sono arrivati in un migliaio i “berretti gialli” , anche da Novara, Alessandria, Pavia, per sostenere questa battaglia. E oggi, 19 novembre, Moncalvo guiderà la delegazione delle organizzazioni di agricoltori di Italia, Portogallo, Francia, Spagna, Grecia, nella capitale belga: “E’ necessario che il riso che entra in Europa rispetti uguali regole e la dignità dei lavoratori, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri invendita sugli scaffali, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale. Il riso non può più essere considerato merce di scambio, i nostri risicoltori stanno lavorando con i prezzi di 30 anni fa e i costi di oggi. In questo momento il riso è l’elemento sul quale ci giochiamo in Europa il modo di far intendere il cambio di passo, deve essere al centro del dibattito delle prossime elezioni europee. E far capire che il riso italiano è la perla rispetto al resto di questo cereale coltivato nel mondo. Non solo: il riso sarà il primo dei prodotti su cui torniamo a reintrodurre i dazi”.
Entrando nello specifico, Moncalvo ha sottolineato che “i 300 milioni risparmiati da Cambogia e Myanmar non sono andati a beneficio di nessun agricoltore di quei paesi. Anzi, il prodotto esportato in UE è figlio dello sfruttamento di quei popoli”. E a questo proposito Coldiretti ha lancioato dal Teatro Civico di Vercelli il “trailer” del documentario “Rice to love” girato in Birmania dal giornalista torinese Stefano Rogliatti, che ha illustato le difficili condizioni del popolo Rohingya, coltivatori di riso, in Birmania, sottoposto a persecuzione dal governo birmano.
L’incontro di Vercelli era stato aperto da Bruno Rivarossa, delegato confederale Coldiretti: “Cambogia e Birmania godono tuttora del sistrma tariffario agevolato, che ha consentito ai due Paesi di far crescere vertiginosamente le esportazioni verso l’Ue (da circa 9 mila tonnellate del 2012 a 360 mila nel 2017”.
Paolo Dellarole, presidente Verceli Biella con delega al settore riso, ha ripercorso la cronistoria che ha portato alle condizioni attuali: “In Europa si consumano 25 milioni di quintali di riso trasformato: di questi 10 sono da risotto (Japonica), gli altri 15 appartengono alla stirpe Indica, da contorno. Alla fine degli Anni 80 si era deciso di incentivare la produzione a Indica anche in Europa, con circa 7 milion di quintali, che sono riusciti a colmare almeno in parte i consumi. Ma nel 2008 c’è stata l’apertura ai Paesi Meno Avanzati, con il beneficio del dazio zero. Tutto cià ha portato a uno squilibrio di mercato, con un -40% di produzione di Indica in UE un aumento di Japonica e la conseguente crisi dei prezzi”.
Giorgio Ferrero, assessore regionale all’agricoltura: “Non dobbiamo trascurare il rapporto con l’industria, una condizione che meriterebbe l’attenzione dell’Antitrust. Ma anche i risicoltori dovrebbero recitare il “mea culpa”: il settore non è in grado di valorizzare l’offerta. Disponiamo di una unica Dop, siamo molto indietro. Sul fronte dell’Antitrust va detto ch ci sono milioni di cittadini europei che acquitano riso con marchio italiano ma non è made in Italy. C’è un meccanismo di mercato che non funziona, non può andare avanti così”.
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