Cesare Magnani Ricotti da Borgolavezzaro (Novara), che in seguito avrebbe fondato il Corpo degli Alpini, quando partì per la Crimea al comando di un battaglione di soldati fece ferrare e inchiodare casse di bottiglie di vino Ghemme, che sarebbe diventato un prezioso alleato e corroborante in quella dura guerra. Con un’avvertenza: “Da far consumare se non dopo qualche fatto d’arme”. L’occasione fu offerta dalla battaglia sulla Cernaia, dove i piemontesi si distinsero per il loro eroismo. E Magnani Ricotti, promosso sul campo al grado di maggiore, scrisse compiaciuto: “Ho fatto già a metà di questo munizionamento”.
Quelle preziose munizioni, una volta stappate, erano diventate il premio immediato per i soldati che avevano combattuto e vinto. L’aneddoto è stato raccontato da Maria Rosa Fagnoni, presidente dell’Azienda turistica di Novara, nella Sala Cavour del Ministero delle Politiche Agricole, il cosiddetto Parlamentino, dove è stato celebrato il ventennale del riconoscimento Docg Ghemme. Miglior sede non poteva essere scelta, interpretando una fusione ideale tra Ottocento e futuro, con il Ghemme protagonista. Non solo il gen. Ricotti, del resto, magnificò il vitigno già esaltato da Plinio il Vecchio. Lo stesso Cavour tessé l’elogio delle colline novaresi, affermando che nulla hanno da invidiare alla Borgogna. E rimane storica quella stampa che raffigura le due maschere, Gianduja e Meneghino, nell’atto di brindare con il Ghemme e festeggiare la liberazione dagli austriaci.
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