di Enrico Villa
Nel prossimo anno il Piemonte dovrebbe avere un regolamento per l’assegnazione dei pascoli montani gravati dall’istituto giuridico degli usi civici. Una commissione tecnica allargata, che ha lavorato mesi, il 12 febbraio scorso ha concluso le sue sedute avviate con la collaborazione degli esponenti agricoli della Valle Maira, Cuneo. Adesso l’elaborato dovrà essere valutato dall’assessore all’agricoltura Giorgio Ferrero, per poi diventare legge regionale del Piemonte cui, per gli appalti comunali, dovranno uniformarsi tutte le amministrazioni civiche, così stroncando abusi, danni alle coperture finanziarie dell’Unione Europea, interpretazioni troppo localistiche che per tanto tempo hanno messo in difficoltà i malgari, titolari di microaziende zootecniche della regione subalpina. Già una legge regionale nel 2009 aveva affrontato il problema che, secondo i dati del piano territoriale, in tutto riguarda 305.000 ettari di pascoli.
Una legge di 88 anni fa
Ma nonostante l’invito burocratico, basato su schede da compilare inviate dalla Regione Piemonte ai comuni detentori di diritti degli usi civici, i risultati non sempre sono stati soddisfacenti. Fra l’altro, come proverebbe la cronaca giudiziaria degli ultimi anni, in molti casi la “interpretazione vaga” delle norme sugli usi civici avrebbero favorito i privati con aziende zootecniche in pianura, oppure le amministrazioni comunali con il forte interesse ad incamerare tanti euro grazie a ricchi appalti cui hanno potuto aderire imprenditori con consistenti disponibilità economiche. Il problema degli usi civici e del pascolo è annoso. La prima legge statale sull’argomento risale al 1927. Circa 88 anni fa, con un Paese che ancora viveva prevalentemente di agricoltura per produrre carne e latte, gli usi civici consentivano ai comuni detentori di consentire ampiamente l’erbatico. I pochi animali o le mandrie degli allevatori avevano la facoltà di spingere gli animali su aree sopravissute alle epoche medioevali, retaggio degli antichi signori dei luoghi. E questa erba cresciuta spontaneamente e a disposizione di tutti, come del resto la legna da ardere giacente sugli stessi fondi, diminuiva la pressione sociale anche avviando il bestiame ad una zootecnia più evoluta e moderna. Per le interpretazioni e le prevaricazioni, conseguenza di tradizioni non scritte, si era determinato più di un contrasto, così rendendosi necessaria la legge del 1927. Tuttavia bisognerà arrivare alle Regioni, anche responsabili dello sviluppo rurale (Piano di Sviluppo Rurale 2024-2020) per colmare le troppe lacune rimaste inalterate per quasi un secolo. E il progetto di regolamento per il Piemonte e le sue Alpi Occidentali – lo ripetiamo – potrebbe già dare risultati nella prossima stagione del pascolo. In buona parte, questo stesso regolamento deve anche essere inquadrato nella Convenzione delle Alpi, stipulata il 7 novembre 1991 a Salisburgo fra Austria, Francia, Germania, Italia, Svizzera cui il 29 marzo 1993 si è aggiunta la Slovenia. La Convenzione prevede anche i protocolli, non ancora ratificati da tutti gli Stati contraenti i quali, una volta attuati, dovrebbero migliorare l’ambiente da cui i pascoli, anche regolamentati dalle Regioni Alpine, dovrebbero essere parte fondamentale. Eccoli, secondo la loro elencazione: Popolazione e cultura; salvaguardia della qualità dell’aria; idroeconomia; economia dei rifiuti. Su aria salubre, idroeconomia e economia dei rifiuti anche a causa dell’imminente referendum sulle trivellazioni, il dibattito è aspro. E altrettanto rovente è la discussione su carne, latte, formaggi, zootecnia di alta montagna e di pianura.
La carne bovina a rischio estinzione
Già l’anno scorso in una nota introduttiva i commentatori agricoli, raccordandosi alla profonda crisi delle stalle, anticiparono questo epilogo: la carne bovina rischia in Italia l’estinzione. Inoltre, lo scenario che riguarda la vicina Svizzera, la Germania nonché altri Paesi della UE, è anche contradditorio. Con buona pace di vegani e vegetariani, secondo le valutazioni della Fao entro il 2050 il consumo della carne crescerà del 73%, mentre quello dei prodotti caseari derivati del 58%. E, pertanto, carne e latte di montagna, conseguenza di buoni pascoli, dovrà essere sempre più tutelato con regolamenti ad hoc.
Non solo questo. In una nota aggiuntiva della Commissione per il Regolamento da approvare da parte della Regione Piemonte, che dovrebbe assegnare i pascoli attraverso appalti con il sistema dei punteggi e della tradizione, è specificato: I pascoli alpini costituiscono un patrimonio della collettività il cui utilizzo necessita di strumenti adeguati a garantire la conservazione dei beni, dei paesaggi e dell’assetto idroegeologico territoriale ad alto valore ecologico…Come avverte il fotografo e reporter langarolo Gian Andrea Porro nel suo recente libro Il Popolo dei Malgari, questo popolo deve essere messo in condizione di rimanere nei pascoli delle terre alte delle Alpi, nell’interesse di tutti quelli che risiedono in pianura.
You must be logged in to post a comment Login