di Gianfranco Quaglia
Presidente Cirio, uno sguardo all’agricoltura in Piemonte. In attesa di conoscere chi sarà l’assessore incaricato, lei che è stato a Strasburgo in Commissione Agricoltura e conosce bene il mondo agricolo piemontese, a quale progetto pensa per il settore primario?
“Intanto facciamo un bilancio dei trofei che abbiamo conquistato a Strasburgo e Bruxelles con una considerazione maturata in questi anni: ho toccato con mano che se ci si impegna i risultati si portano a casa. Alcuni sono storici: la reintroduzione dei dazi sul riso proveniente dal Sudest asiatico. In un primo tempo la Commissione aveva respinto le nostre richieste, l’Ente Risi è ritornata all’attacco ben tre volte. Alla fine siamo riusciti a ottenere la clausola di salvaguardia. Altri trofei: riconoscimento della carne piemontese grazie allo sblocco della pratica, così come per il Formaggio Ossolano. Poi l’Asti secco: abbiamo cambiato il disciplinare, riuscendo a vincere anche l’opposizione del Prosecco. Abbiamo avviato anche due bandi per complessivi 12 milioni, finalizzati alla promozione”.
Conquistata la clausola per il riso, è di pochi giorni fa la nuova presa di posizione dell’Ente Risi che chiede all’Europa di intervenire subito per bloccare anche le importazioni di riso japonica, (da risotto) dal Myanmar…
“Dimostrazione che bisogna vigilare continuamente. Il primo risultato, quello nei confronti del prodotto Indica, non è sufficiente. Torneremo all’attacco per ottenere l’estensione del provvedimento”.
Il Psr (Programma di sviluppo rurale), le lungaggini e le difficoltà burocratiche sono sempre state considerate nodo centrale per il Piemonte
“Innanzitutto opereremo una revisione di tutti i fondi europei assegnati per capire quanto abbiamo speso e impostare questo anno e mezzo che ci separa dalla rendicontazione e avere un quadro esatto. Stiamo facendo ancora bandi sulla programazione di sette anni fa. Da settembre metteremo mano al futuro del nuovo Psr, lavoreremo direttamente a Bruxelles, nella sede della Regione Piemonte: sarà la sede naturale in cui si scriverà il Psr del futuro, che passi attraverso la concertazione del mondo agricolo. Quella di Bruxelles non dovrà essere soltanto sede di rappresentanza, ma operativa. Non solo: penso a settembre come al mese in cui convocherò gli Stati Generali dell’Agricoltura piemontese”.
Questo significa che vuole dare una svolta e un’attenzione particolare al mondo agricolo?
“Voglio tentare un cambio di passo, anche rispetto al Psr. Penso a un Psr allargato, chiederò al Governatore della Lombardia, Fontana, di gettare le basi per un Programma di Svilluppo Rurale Unico, pur mantenendo ciascuno le proprie esigenze e peculiarità. Sarebbe più facile dialogare e avere maggiore forza con Bruxelles, che sino a oggi si è visto arrivare sul tavolo decine di Psr. E perché no? Lo chiederò anche a Toti della Liguria. Potrebbe nascere un grande Psr del Nordovest. La programmazione deve diventare un’occasione storica, da non perdere”.
Gli agricoltori chiedono da sempre più celerità nell’assegnazione dei fondi e soprattutto meno burocrazia. Come pensa di risolvere questi problemi strutturali?
“A volte il problema parte dalla testa, occorre ascoltare di più gli agricoltori e le loro esigenze. I funzionari devono imparare ad andare nelle aziende, compilare bandi finalizzati su misura. Spesso non vengono redatti in base alle vere esigenze dell’agricoltura piemontese e Bruxelles li boccia. Servono regole più chiare, bandi semplici”.
Ma l’eterno ritornello sui ritardi dei pagamenti?
“Bruxelles eroga i soldi per tempo, bisognerà capire a fondo dove s’inceppa il meccanismo e cercare di renderlo più fluido”.
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