Influenza aviaria: Piemonte tra le regioni ad alto rischio

Influenza aviaria: Piemonte tra le regioni ad alto rischio

di Enrico Villa

Una nota di Coldiretti avverte: Il Piemonte è tra le regioni italiane classificate ad alto rischio per l’influenza aviaria. L’indicazione si riferisce ai focolai nel 2017 rilevati in provincia di Asti e nel Torinese con eliminazione di migliaia di polli e tacchini colpiti da influenza aviaria che si è propagata a causa di uccelli selvatici i quali si muovono liberamente nell’aria o che dimorano in risaia come gli aironi. Il contagio, quasi inarrestabile senza opportune misure sanitarie, è trasmesso dai volatili che si spostano stagionalmente per centinaia di chilometri dall’Africa all’Europa o che sostano negli acquitrini. Negli Stati Uniti, in Asia e in diversi paesi europei sono stati effettuati controlli con questa conclusione: diversamente dalla peste suina, la influenza aviaria può anche contagiare l’uomo senza gravi danni di salute, diffondendosi rapidamente negli allevamenti di pennuti e così determinando conseguenze assai gravi. Nell’Astigiano e nel Torinese, i focolai un anno fa hanno colpito migliaia di volatili con focolai che si sono manifestati anche in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Come confermano le minuziose documentazioni rese pubbliche, il ministero della Sanità vigila con sistematica attenzione e riesce a stroncare i focolai i quali ultimamente in Italia sono stati una novantina. Nelle campagne regionali appena iniziate per le vaccinazioni contro l’influenza male di stagione, i controlli sono anche stati estesi alle persone, specialmente gli anziani. Sostegni finanziari a favore degli allevatori colpiti da influenza aviaria sono stati previsti dalla Legge di Stabilità 2018 (10 milioni di euro) e da provvedimenti dell’UE. Questi dovrebbero attenuare le conseguenze disastrose per le improvvise pandemie negli allevamenti, in Italia 18.500 che impiegano circa 38.500 addetti.

Anche una nota esplicativa del ministero della Sanità evidenzia il pericolo della influenza aviaria mancando le precauzioni minime estese alle persone. L’infezione -sottolinea la nota – viene mantenuta da alcuni uccelli acquatici che fungono da serbatoi del virus, ospitandolo nell’intestino anche senza mostrare una sintomatologia evidente ed eliminandola con le feci. E ancora: Il virus può sopravvivere nei tessuti e nelle feci di animali infetti per lunghi periodi, soprattutto a basse temperature (oltre 4 giorni a 22°, e più di 30 giorni a 0°) e può restare vitale indefinitamente in materiale congelato. Al contrario è sensibile all’azione del calore (almeno 70°) e viene completamente distrutto durante le procedure di cottura degli alimenti. Pertanto, l’attenzione deve essere massima anche per la selvaggina mentre una forte minaccia di contagio è rappresentata dai piccioni che popolano le nostre piazze e le nostre vie nonché dai gabbiani richiamati dalle discariche. Stando poi ai rilievi sistematici dell’Organizzazione mondiale per la Sanità, l’influenza aviaria trasmissibile all’uomo e distinta dalla sigla H5N1 e dalle sue varianti si sta diffondendo nel mondo dal Sud Est asiatico ed ha causato alcuni decessi.

A parte le conseguenze sanitarie, tuttavia una ipotetica infezione aviaria che colpisca l’avicoltura nazionale basata sull’allevamento e sulla produzione di uova, senza misure idonee potrebbe anche provocare danni incommensurabili alla filiera agricola, che appunto fornisce carne di pollo in crescita e di uova. In una scheda di Unaitalia, che controlla il 90 circa della filiera di prodotto, il made in Italy avicolo che annualmente raggiunge più del 100% del fabbisogno italiano non ha pertanto bisogno dell’estero verso cui esportare. Per la carne avicola le prospettive economiche si sono sviluppate dagli anni Cinquanta e Sessanta, tanto è vero che nel mondo l’Italia è diventata il sesto produttore di carni avicole e il terzo produttore di uova, con circa 25 chilogrammi pro capite di carne di pollo che significano il 103,6% di carni di pollo e il 121,3% di carni di tacchino. Un po’ meno è il consumo di uova che lo scorso anno ha coperto il 96,7% del fabbisogno nazionale. In euro il comparto vale quasi 6 miliardi con una esportazione annua di polli, tacchini e altro di 2017 tonnellate. Riferendosi a queste e ad altre cifre Unaitalia si sofferma su due aspetti:1)il settore è legato profondamente alla agricoltura dalla quale anche provengono i mangimi nonché gli investimenti per la ricerca; 2)l’elevato grado di integrazione ha favorito la concentrazione del comparto con l’eliminazione di troppi intermediari e l’aumento delle dimensioni dei 18.500 allevamenti. Fra i numerosi aspetti funzionali e burocratici che anche riguardano una maggiore consistenza dell’esportazione al ministro dell’agricoltura Centinaio, è stata chiesta la timbratura obbligatoria delle uova allo scopo di impedire eventuali frodi, talvolta imputate anche alla grande distribuzione. Nel complesso la completa lotta istituzionale-sanitaria alla influenza aviaria dovrebbe ancora di più consolidare le cifre per la carne e per le uova, riguardando le star economiche della filiera rappresentate dall’Emilia Romagna, dalla Lombardia, dal Piemonte e dal Veneto, tutti con numeri percentuali ragguardevoli. Non tenere conto da parte del nostro Stato, delle regioni e della UE significherebbe indebolire irreparabilmente un ramo della nostra agricoltura che fino ad ora è riuscita a rimanere rigoglioso nonostante i bassi tassi di esercizio delle aziende.

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