di Gianfranco Quaglia
Il Rapporto sull’economia globale e l’Italia 2013 è preceduto dal titolo «Fili d’erba, fili di ripresa». Mario Deaglio, docente di economia politica e editorialista de «La Stampa», lo ha presentato a Novara durante un incontro organizzato dall’Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti). Una fotografia dell’esistente con qualche luce e molte ombre, segnali incoraggianti ma, come dice il titolo, pochi fili d’erba. Il prato è ancora tutto da coltivare, circondato com’è da un deserto di incertezze. Tuttavia una certezza c’è: dal 2005 allo scorso anno, il settore agroalimentare del nostro paese ha disegnato un comportamento in controtendenza: + 68% di crescita. Qui, veramente, ci sarebbe da esclamare «impressionante», anche con la pronuncia di Angela Merkel.
Quasi nessuno si è accorto che dal campo alla tavola, passando attraverso la filiera della trasformazione e della distribuzione, l’agroalimentare ha tenuto testa ai venti della crisi. Anzi, in qualche caso è andato oltre, dando spazio anche all’occupazione. «Il settore alimentare italiano – dice Deaglio – è quello che più di tutti capisce il mercato globale, perché l’Italia si sta specializzando a livello mondiale nella fascia alta dei consumi. A New York ogni giorno 25 mila persone frequentano i ristoranti italiani o acquistano prodotti made in Italy». Sono sufficienti queste cifre per dire di che «pasta siamo fatti». O di che riso, formaggio, vino. L’economista sfodera anche una metafora, ma neppure tanto, per trasmettere un messaggio: «La Vespa della Piaggio nacque dall’intuizione di un ingegnere aeronautico che utilizzò un motore d’aereo dismesso e fu un successo. Ecco, noi oggi avremmo bisogno di una nuova Vespa dell’alimentare».
Forse è già nata, in Piemonte i segnali non mancano. A pochi chilometri da Novara e Vercelli la grande opportunità di Expo 2015 è una Vespa da cavalcare alla grande. Impressionante.
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