di Gianfranco Quaglia
Recita un antico adagio cinese: «Mangia il tuo riso, al resto penserà il cielo». Rima San Giuseppe, il paese Walser in alta Valsesia. Qui a Sua Maestà il Riso e a tutto il resto pensa e provvede il vescovo della diocesi di Novara, Franco Giulio Brambilla, che ogni estate non viene meno al suo tradizionale appuntamento di fine vacanza: una maxi risottata per tutti i villeggianti saliti quassù dal Piemonte, dalla Lombardia e dalla Liguria. Lui, lombardo d’origine e formazione, ha sempre mantenuto saldi i legami con i parrocchiani e da quando è vescovo della grande diocesi di Novara, che abbraccia anche la Valsesia, ha voluto proseguire con la bella consuetudine, nella duplice veste di commensale e chef.
Perché nei grandi calderoni collocati sulla piazzetta del borgo è lui, il presule, che con l’aiuto di altri cuochi immerge il mestolo, accarezza il riso che cuoce, lo rivolta, lo assaggia. E, alla fine, raggiunta la giusta cottura, procede a riempire le ciotole. Oltre trecento la scorsa estate, non di meno in questo 2014 bizzarro.
L’evento è per sabato 23 agosto, organizza la Pro Loco. Un modo per gettare un ponte tra la gente della montagna e quella di pianura, anche per riscoprire i legami e il senso della solidarietà. Stirpe laboriosa e intraprendente quella dei Walser che nell’antichità si insediarono e fondarono il villaggio di Rima (Arimmu o Ind Rimmu), oggi con 69 abitanti; così come lo è la gente delle risaie, oggi in prima linea a difendere il riso made in Italy insidiato dalle massicce importazioni a dazio zero che arrivano dall’Asia. Il riso cucinato dal vescovo Brambilla è un Carnaroli ed è stato offerto da Fabrizio Rizzotti, titolare della cascina Fornace di Vespolate (in provincia di Novara) che già collabora con istituzioni cristiane di beneficienza sul territorio della diocesi gaudenziana.
Monsignor Brambilla non è l’unico vescovo ialiano a occuparsi di riso. Dall’altra parte d’Italia, nella piana di Sibari, il suo collega Domenico Graziani, oggi vescovo di Crotone e già presule a Cassano, ha coltivato un podere, la Terzeria, di proprietà della diocesi, con oltre 200 ettari seminati a riso. Adesso gli è subentrato monsignor Nunzio Galantino, poi nominato da Papa Francesco segretario della Cei: anche con lui la diocesi continua gestire la proprietaà e l’azienda agricola, che con la coltivaizone del riso svolge pure un ruolo ecologico, sottraendo terreno all’intrusione salina.
La manifestazione «Risotto in piazza», così denominata da Sergio Camerlenghi, presidente della Pro Loco, va oltre il richiamo di una risottata, ma assume significati diversi e profondi. Di comunione e vicinanza, esaltati dall’unicità del riso. «Un prodotto bandiera della nostra tradizione e della cucina del Nord Italia – osserva Camerlenghi – Due terzi della popolazione mondiale si nutrono di riso e il risotto è davvero una nostra peculiarità italiana, che tutto il mondo ci invidia». Con la benedizione e il sigillo vescovili.
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