di Enrico Villa
Da mercoledì 5 luglio la Stat autolinee di Casale Monferrato ripropone, come tutte le estati, i viaggi in autobus gran turismo per Cattolica, la riviera adriatica, ma soprattutto le terre del Rubicone, rosso, bianco e rosato. E’ un viaggio lungo e accattivante per raggiungere uno dei tanti alberghi disseminati lungo la riviera, da Ferrara a Riccione e Pesaro. Negli anni del turismo rinnovato, fatto di luoghi storici, enogastronomia e enologia, la Stat che raccoglie i viaggiatori di Biella, Vercelli, Vigevano fino al mare, condivide l’opinione che il futuro sarà diverso. Non più automobili individuali massacranti, ma libertà di vedere in libertà il bello e di bere quanto basta gustando il vino dell’Emilia-Romagna nonché delle Marche e dell’Abruzzo che turisticamente cerca di riprendersi dall’ultimo terremoto. Un cenno sul Gruppo Stat, in realtà fondato nel 1919 e ricostituito nel 1985 con il lancio dei grandi pullman gran turismo che ogni giorno “aggrediscono” la riviera, in particolare le terre del Rubicone della quale fanno parte Bologna, Forlì, Cesena, Rimina, Ravenna. E’ come un cuneo “piantato” a metà circa dello stivale che negli ultimi anni ha proposto mostre culturali di qualità: a Forlì “l’art deco degli anni ruggenti” fino al 1930; e a Urbino, con dipendenze a Fano e a Pesaro “Rinascimento Segreto” secondo il riordino critico di Vittorio Sgarbi. E in questo modo le mostre hanno la possibilità di essere raggiunte dal grande pubblico, qui e altrove, dagli autobus che con 118 linee percorrono annualmente quasi 6.000 chilometri.
Rimanendo alla costa adriatica, tuttavia i “gran turismo” aprono un altro mondo in genere sconosciuto, appunto costituito di vigne e di vino nonché di operazioni di marketing popolare, fatto dalle “notte in rosa” per ricordare che la riviera è almeno lunga 135 chilometri, compresa fra Comacchio e Pesaro, costellato da centinaia di hotel dove si consuma e si beve buon vino della vasta area-cuneo, con un peso notevole per il pil nazionale. E le “notti in rosa“, istituite nel 2006, sono ben presto diventate una ricchezza economica per tutta la zona, il cui aspetto culminante è rappresentato da Riccione, circa 6000 abitanti, negli anni Trenta del Novecento prescelto dal regime fascista per il lancio di tutta la costiera e da Rachele Mussolini la quale acquistò una villa per le vacanze della famiglia. Tanto fu il successo che le “notti in rosa” nel 2010 si trasformarono in “una tre giorni” facendola diventare “un capo d’anno estivo“. E nella circostanza, sui tavoli dei ristoranti (in particolare dell’hotel Astra di Riccione, gestito dalla famiglia Drudi) comparvero con un cartellino in rosa bottiglie di Rubicone con gli auguri per gli avventori venuti dall’Italia, ma specialmente dalla Svizzera e dalla Germania. Proprio le bottiglie di Rubicone si rivelarono una intelligente operazione di marketing. E’ stata ideata dalla Tenuta del Monsignore, situata su un poggio delle colline che guardano il mare, situato così da 700 anni e adesso condotto da Sandro e Nicoletta Bacchini. La vicenda storica della famiglia Bacchini è ancor più affascinante in questo contesto che conta tanto quanto conta la enologia di qualità per la quale l’Italia è conosciuta nel mondo.
Infatti, nel 1300 i fiorentini Bacchini, padre e figlio che avevano rivestito la carica di console e poi quella di priore, decisero di lasciare Firenze e di spostarsi a San Giovanni in Marignano per coltivare i loro vigneti e produrre il loro vino. Da allora nella famiglia Bacchini si sono succedute 7 generazioni di vignaioli. E la tecnica nonché gli impianti tecnologici sono subito prevalsi sulla semplice tradizione, tanto che Sandro annota: La nostra azienda è un connubio fra tradizione e tecnologia. La tenuta, oltre che vino produce olio extravergine d’oliva, miele e aceto, mentre continuano a essere presenti tutti gli ottocenteschi “spremitoi”. Essi hanno sostituito la pigiatura “dei nostri nonni con i propri piedi“. E lo stesso accade per la spremitura a freddo delle olive che provengono da 13 ettari. Inoltre, le viti coltivate su 135 ettari sono a “cordone libero”, mentre è riservata una cura maniacale per la temperatura dei vini, tutti di provenienza aziendale. Anche il nome della tenuta è storico. Per due volte il governo papale riguardò l’area del Rubicone fino al 1860, e nella famiglia Bacchini fu anche nominato monsignore Francesco (1834/1908) cosicché dopo di lui la Tenuta divenne, appunto, “del Monsignore”. Sandro Bacchini ha anche scritto un volume che offre una analisi filosofica diversa del vino perché esso avrebbe il potere di non “fare rimpiangere il passato, avendo consapevolezza del futuro“. E anche per il suo passato di sette secoli, le bottiglie della Tenuta del Monsignore sono sempre controdistinte da una anfora vinaria dell’epoca romana e dalla firma “una dinastia di mestiere“
Il Rubicone, con disciplinare di produzione del 1995, modificato più volte fino al 2011, testimonia questa passione per l’enologia e per il vino. Il torrente, che dà il nome ai vini della zona, prende il nome dai terreni argillosi che lo “tingono” nel suo corso di circa cento chilometri verso il mare. Ritornando dalle guerre galliche (58/51 A.C.) Giulio Cesare, che aveva problemi con il Senato Romano militando nel movimento dei populares, attraversò il Rubicone il 10 gennaio 49 A.C. Da allora il torrente divenne storia che si intreccia con la attuale modernità delle vigne emiliane
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