Il riso raffinato (quello bianco) è <una delle cause principali del diabete 2, perché è diventato un alimento che ricorda pari pari lo zucchero>. Ancora: nel riso c’è arsenico. Dichiarazioni forti, che destano allarme quelle della dottoressa Debora Rasio, nutrizionista <La Sapienza> di Roma, intervenuta in due trasmissioni: a Radio Monte Carlo e <Dimartedì> su La7. E che hanno scatenato la reazione dell’Ente Nazionale Risi. Il direttore Roberto Magnaghi innanzitutto ha chiesto all’emittente radiofonica monegasca la possibilità di una replica. Nel frattempo l’Ente Risi ha sentito il parere di due esperti, per confutare le tesi della dottoressa Rasio: la deottoressa mariangela Rondanelli, professore associato in Scienze e Tecniche fdietetiche applicate, responsabile dell’ambulatorio di endocrinologia, coordinatore della scuola di specializzazione in scienze dell’alimentazione alla Facoltò di Medicina di Pavia; eMarco Romani, dottore agronomo al Centro ricerche sul riso.
Stralciamo parte dell’intervista pubblicata sul portale dell’Ente nazionale Risi, www.enterisi.it.
Dottoressa Rondanelli, fino a ieri ci hanno detto che il riso faceva bene, e ora?
<Il riso rientra fra quegli alimenti che, se assunti con regolarità nell’ambito di un’alimentazione equilibrata, possono eser di grande aiuto nel mantenere, oromuovere e recuperare un buono stato di benessere psico-fisico…fra le positive caratteristiche ricordiamo anzitutto la sua elevata digeribilità, superiore a qualsiasi altro farinaceo…>.
Ma è vero che il riso raffinato fa venire il diabete?
<L’indice glicemico del riso bianco è magiore di quello del riso integrale, ma non vi sono indicazioni che dicono che l’assunzione di riso raffinato, assunto all’interno di una dieta equilibrata, come ad esempio quella mediterranea, possa essere causa di insorgenza di diabete>
Dottor Romani, com’è la situazione sull’arsenico?
<I valori dell’arsenico inorganico sono continuamente sotto controllo. Monitoraggi nel 2009 e nel 2012 hanno riscontrato che i livelli nel nostro riso erano inferiori allo 0,20 mg/kg in tutti i campioni esaminati, valore recentemente definito come limite dall’UE. E adesso è in corso l’analisi dei dati sui campioni prelevati durante la scorsa campagna. Da noi la problematica dell’arsenico non è legata alla contaminazione ambientale. Certi paesi che coltivano il riso attingendo ad acqua del sottosuolo, come il Bangladesh, hanno avuto valori alti rispetto a quelli stabiliti, ma la nostra acqua arriva dai fiumi, dai laghi e dai ghiacciai ed è priva di arsenico…In collaborazione con l’Università degli Studi di Torino, la Cattolica di Piacenza e l’Istituto Superiore di Sanità, l’Ente Nazionale Risi ha svolto due differeti sperimentazioni per comprendere l’effetto varietale e della gestione dell’acqua sul contenuto di arsenico totale e inorganico in granella…attualmente si dispone già di indicazioni riguardanti i momenti in cui risulterebbe essere più opportuno effettuare delle asicutte al fine di immobilizzare l’arsenico nel suolo, riducendo così il suo assorbimento da parte della pianta. Per finire è stato presentato nell’ambito dell’operazione Progetti pilota e sviluppo di innovazione del PSR della regione Lombardia, un progetto intitolato ”Riso baby food: un mercato da riconquistare” con l’obiettivo di introdurre e diffondere le tecniche agronomiche risultate efficaci per contenre l’arsenico nel riso e libvello sperimentale, direttamente in tre aziende produttrici di baby food. Attualmente il progetto è nella fase di valutazione>.
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