di Enrico Villa
Michael Pollan, 59 anni, è uno scrittore americano di economia e sulla difesa dei ritmi naturali, che insegna giornalismo e comunicazione alla Berkeley Graduate School. Nei suoi libri di questi ultimi anni ha ridefinito il concetto di real food. Prendendo una posizione netta conto il OGM anche in Italia e nell’Europa Comunitaria, fra l’altro avversati dalla Coldiretti nazionale senza ma e senza però.
In breve, il real food è quello che la Coldiretti sostiene dai tempi del presidente Bedoni e che è stato riproposto con forza dall’attuale presidente Roberto Moncalvo: i consumatori debbono essere messi in condizione, senza condizionamenti biologici, di utilizzare alimenti prodotti a non più di 100/200 chilometri. In effetti, il kilometro zero è diventato uno slogan salutista cui, ormai, sempre più allude la generalità degli acquirenti. Tuttavia, le distorsioni comunicative della globalizzazione ci hanno regalato perle negative fra cui la seguente: in Monferrato, nel cuore dei vitigni italiani la proposta, accanto ai nostri cibi territoriali, dello champagne ottenuto a più di mille/duemila chilometri.
Nel suo ultimo libro, uscito l’anno scorso, Michael Pollan si sofferma su A Natural History of tranformation passando in rassegna cottura (fuoco), acqua ( stufatura, bollitura), aria, terra. In realtà gli elementi dai quali, fin dall’inizio della storia dell’alimentazione l’umanità non prescinde. E questi stessi elementi sono intimamente legati al territorio i cui confini – con buona pace della globalizzazione innaturale ed esasperata – non devono mai essere oltrepassati. In questi giorni di polemica e di timore vale anche per il riso: occidentale e senza contaminazioni biologiche e chimiche, diversamente da quello orientale intriso di presunti veleni come ad esempio il Basmati indiano in più con il vantaggio di arrivare in Europa Comunitaria a prezzi di concorrenza sleale.
Anche la vicenda dell’insidioso riso orientale, come del resto tanti altri alimenti entrati nei nostri costumi nutrizionali, si inserisce in un vasto dibattito – questo sì, globale – anche sostenuto da Michael Pollan il quale dovrebbe darci questa risposta: come saranno i nostri modi di mangiare, oltre Expo 2015 e quando il genere umano avrà forse oltrepassato i 9 miliardi di individui? Negli Stati Uniti numerosi istituti di ricerca lavorano alle possibili nuove tabelle alimentari dagli anni Settanta e Ottanta. In questi cinquant’anni, anche per lo spauracchio della obesità dilagante negli States – ma ora anche in Europa – sono prima stati messi sotto accusa i grassi generatori di troppe calorie e di colesterolo, quindi anche i carboidrati, fra i quali il riso. Però, come ancora recentemente ha evidenziato Mariangela Rondanelli nutrizionista dell’Università di Pavia, per la sua natura intrinseca il riso ha un pieno salvacondotto alimentare, specie se proposto anche sotto forma parboiled abbastanza simile al cereale integrale. E specie se occidentale, quindi esente dagli inquinati fortemente pericolosi come in oriente, probabilmente alla radice anche di drammatiche neoplasie.
Il dibattito, che secondo i commentatori americani con loro scritti per esempio su Time ha facilitato l’industria alimentare sui prodotti senza grassi e con poche calorie, ha dato forte impulso al mais e ai suoi sciroppi, al latte scremato, alle carni bianche, all’olio extravergine mentre, anche per recenti vicende mediatiche, ha abbattuto i consumi di uova, carni rosse, burro e anche verdure che quindi sostengono scarsamente il pil agricolo. Nel nostro Paese, secondo l’Inran (Istituto per l’alimentazione e la nutrizione) fondata nel 1936, il principio del kilometro zero trovò applicazione negli anni Cinquanta, poi modificatosi sostanzialmente. E per il riso un tonfo nelle produzioni e nei consumi si verificò negli anni Settanta/Ottanta con una ripresa – così evidenziano i grafici dell’ Inran – nei primi anni Duemila. Tuttavia, a causa del cereale orientale, un nuovo tonfo è dietro l’angolo.
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